Capitolo 3 - APPUNTI DI AERODINAMICA

LA FORZA AERODINAMICA TOTALE


Figura 3-10. Genesi della Forza Aerodinamica Totale, che rende possibile il volo.

Se poniamo un profilo alare, inclinato nel modo giusto (con il giusto angolo di incidenza) in un flusso d'aria, notiamo che anch'esso (come la nostra mano sporta dall'auto) tende immediatamente a sollevarsi e a restare indietro. Questo significa che è entrata in gioco una forza nuova a far sentire il suo effetto: si tratta della forza aerodinamica totale (spesso abbreviata in FAT, ma detta anche risultante aerodinamica).
Possiamo anticipare che questa forza nasce da una differenza tra le pressioni esercitate dall'aria sotto e sopra l'ala. Proprio come lo stantuffo mobile della scatola di figura 3-3, l'ala tende quindi a spostarsi in direzione perpendicolare alla corda alare. La forza aerodinamica totale, dunque, non è altro che la differenza di pressione tra le due 'superfici' dell'ala: la pressione sull'infradosso è maggiore rispetto a quella sull'estradosso.
Tale differenza di pressione dipende dal fatto che, durante il volo (o se preferite, quanto l'ala è investita da un flusso d'aria) la pressione sull'estradosso si riduce notevolmente, mentre quella sull'infradosso aumenta di un poco. Vediamo di capire perchè.

RIDUZIONE DELLA PRESSIONE SULL'ESTRADOSSO

I filetti di aria che investono l'ala sono costretti a dividersi, a livello del bordo di attacco, passando in parte sopra ed in parte sotto all'ala.
Quelli che passano di sopra, però, si trovano a dover percorrere una strada più lunga e devono quindi accelerare. Ma a maggiore velocità corrisponde minore pressione statica, ed ecco che, sull'estradosso la pressione è, appunto, diminuita durante il volo.

Nota: questa descrizione, a mio avviso valida per far capire il principio generale, non è pero' precisissima.
Coloro che desiderano la verità assoluta possono andare a leggere quanto osservato da Pino Costaro nella pagine di note.

AUMENTO DELLA PRESSIONE SULL'INFRADOSSO

Dal momento che l'ala forma un angolo con il vento relativo (angolo di incidenza) una certa quantità di aria colpirà (sia pur 'di striscio') l'intradosso; in altri termini, l'aria che colpisce l'intradosso genera una certa quantità di pressione dinamica, responsabile anch'essa della maggior pressione sull'infradosso.
A questo punto è un 'classico' ricordare che la differenza totale di pressione (vale a dire la forza aerodinamica totale) è generata per 2/3 dalla depressione sull'estradosso e per 1/3 dalla sovrappressione sull'infradosso.

I 4 PARAMETRI DELLA FAT

Vediamo ora i quattro parametri della forza aerodinamica totale:
  1. Punto di applicazione: benchè tale forza si generi su tutta la superficie alare, è utile fare una specie di 'media' e considerarla applicata in un solo punto, posto sulla linea di incontro tra le semiali. Questo 'punto convenzionale' è detto centro di spinta.
  2. Intensità: come vedremo, l'intensità della forza aerodinamica varia soprattutto in relazione all'angolo di incidenza ed alla velocità.
  3. Direzione: la forza aerodinamica totale si sviluppa su una retta perpendicolare alla corda alare.
  4. Verso: essa è diretta verso l'alto e all'indietro (rispetto alla direzione del moto).

PORTANZA E RESISTENZA

Dal momento che la forza aerodinamica totale può essere arbitrariamente scomposta i due forze distinte tra loro, scegliamo di scomporla secondo due assi molto particolari:
  1. l'asse del vento relativo (cioè quello che individua la direzione del moto)
  2. l'asse a questo perpendicolare.
Le due forze che otteniamo sono le componenti della forza aerodinamica totale e sono quindi indissolubilmente legate tra di loro, essendo entrambi 'figlie' della differenza di pressione che si origina tra infradosso ed estradosso: stiamo parlando della portanza e della resistenza.
Vale la pena di precisare subito che qualsiasi cosa si muova nell'aria, produce inevitabilmente della resistenza, ma solo ciò che vola produce portanza; si possono quindi fare esempi di resistenza senza portanza (un sasso in caduta libera) ma non di portanza senza resistenza.

L'ALTRA FORZA: IL PESO

Se il nostro profilo ideale, una volta posto in movimento con il giusto angolo di incidenza, fosse governato dalla sola forza aerodinamica, continuerebbe a spostarsi verso l'alto fino a sparire nella stratosfera in breve tempo. Come ben sappiamo, esiste invece un'altra importantissima forza, che rende il volo una grande vittoria: la forza di gravità o, se preferite, il peso. Anche il peso si considera applicato al centro di spinta, solo che, se la forza aerodinamica 'tira' verso l'alto, il peso 'tira' verso il basso; se, rispetto alla direzione del moto, la forza aerodinamica è diretta anche all'indietro, il peso è diretto anche un poco in avanti (verso la direzione del moto). Quando forza aerodinamica e peso si controbilanciano perfettamente (e non interviene nessun altro tipo di forza), l'ala vola (plana) in modo rettilineo ed uniforme.

TRAZIONE E PESO APPARENTE

Anche la forza peso può essere scomposta lungo due assi e, per fortuna (sarebbe meglio dire per scelta), si tratta degli stessi assi già considerati in precedenza. Compaiono allora due "nuove" forze: la prima, diretta nel senso del moto (o, se preferite, del vento relativo) prende il nome di trazione (o spinta) mentre la seconda, diretta verso il basso e leggermente all'indietro, è detta peso apparente.
Questa scomposizione di forze ci dice alcune cose molto importanti:
  1. Nel volo planato uniforme la trazione è una componente del peso e si forma soltanto se l'ala si muove secondo una traiettoria discendente, più o meno inclinata; in altre parole possiamo dire che i veleggiatori 'pagano' la trazione con una perdita di quota.
  2. Nel volo motorizzato, invece, la spinta deriva dal motore e l'ala può volare secondo una traiettoria orizzontale (od in salita): gli apparecchi motorizzati 'pagano' la trazione con un consumo di carburante.
Apriamo una piccola parentesi teorica dedicata ai più curiosi: nel concetto di trazione (o SPINTA come dicono gli americani) è insito quello di dispendio energetico. Come accennato, i motori forniscono spinta consumando carburante. Ciò che è meno intuitivo è che anche i veleggiatori sfruttano motori e carburante: infatti la quota di inizio volo (o meglio il dislivello tra decollo ed atterraggio), che rappresenta l'energia Potenziale da spendere durante il volo, viene raggiunta a mezzo di motori (gli alianti sfruttano il motore del velivolo trainante, i deltaplani ed i parapendio il motore della macchina con la quale raggiungono il decollo, il traino da terra sfrutta il motore del verricello, l'alpinista che si porta il parapendio fino in cima alle vette sfrutta il motore delle sue gambe). In pratica quindi la principale differenza tra noi e gli aeroplani è che questi producono energia (e consumano carburante) durante le diverse fasi di volo, mentre noi consumiamo carburante per 'accumulare' energia -la quota- che spendiamo poi durante il volo (l'esempio classico è una planata in aria calma). I veleggiatori, una volta in volo, possono guadagnare ulteriore quota (quindi aumentare la propria energia Potenziale), solo 'rubando' tale energia all'ambiente, sfruttando quella presente nei movimenti ascendenti delle masse d'aria.

Figura 3-11. Le due forze che compongono la F.A.T. (portanza e resistenza) sono, nel volo planato uniforme, in perfetto equilibrio con le due che compongon il PESO (peso apparente e trazione).

VOLO PLANATO UNIFORME: il magico equilibrio delle forze

Possiamo già intuire che, se forza aerodinamica e peso sono esattamente bilanciati, saranno esattamente bilanciate (a due a due) anche le loro componenti. Se questo equilibrio si verifica volando a 30 Km/h, e nulla interviene per modificarlo, il volo è rettilineo (senza variazioni di traiettoria, nè in senso laterale nè in senso verticale) ed uniforme (senza accelerazioni o decelerazioni). Se decidiamo di cambiare l'angolo di planata (modificando l'angolo di incidenza) le forze saranno, per qualche attimo, squilibrate e l'ala accelererà o decelererà fino a che viene ripristinato un nuovo equilibrio (volando, poniamo, a 38 Km/h). Da questo momento il volo (in assenza di influenze esterne) riprenderà ad essere rettilineo ed uniforme.
Per semplicità, tutte le quattro forze si considerano applicate in un solo punto, il già citato centro di spinta.
Ora che abbiamo identificato le due (ma scomponendole le abbiamo fatte diventare quattro) forze in gioco nel volo planato uniforme, approfondiamo la loro conoscenza esaminandole singolarmente.

LA RESISTENZA: compagna irrinunciabile del movimento

Questo titolo (che suona come uno slogan vagamente di sinistra) ci ricorda semplicemente che un'ala in moto genera sempre resistenza. Anche in questo caso, infatti, è possibile avere resistenza senza portanza (stallo), ma mai portanza senza resistenza.
L'aria che ci circonda, leggera ed impercettibile, cambia completamente quando viene attraversata ad alta velocità: diviene allora densa, quasi solida, e rappresenta il principale problema al conseguimento di nuovi record di velocità. E' dunque intuitivo affermare che la resistenza totale cresce al crescere della velocità. I più attenti si saranno già insospettiti leggendo 'resistenza totale' poichè immaginano (correttamente) che, se esiste una resistenza totale, devono anche esistere 'resistenze parziali'. E' proprio così. La resistenza totale è, infatti, dovuta al sommarsi di tre tipi diversi di resistenza che, tra breve, non avranno per noi più alcun mistero.
Si tratta di:
  • resistenza di forma
  • resistenza di attrito
  • resistenza indotta.
Figura 3-12. Resistenza di forma: cresce al crescere della velocità ed è proporzionale alla superficie esposta al vento relativo.

RESISTENZA DI FORMA

Come suggerisce il suo nome, essa dipende dalla forma del profilo esposto al vento (un aliante espone una superficie molto maggiore rispetto ad un MIG ed ha quindi una resistenza di forma molto superiore).
Nel volo libero l'imbrago, lo stesso pilota e la caveria contribuiscono in modo sostanziale ad aumentare la resistenza di forma (Fig. 3-12).
Tuttavia, la resistenza di forma è poco importante alle basse velocità, mentre diventa la principale fonte di resistenza alle alte velocità, per questa ragione la resistenza di forma è il primo nemico da battere per chi produce apparecchi ad alta velocità, mentre può essere quasi ignorata da chi progetta apparecchi a bassa velocità.


RESISTENZA DI ATTRITO

È la resistenza dovuta all'attrito dell'aria che 'sfrega' sulla superficie della vela.
Figura 3-13. Resistenza di attrito: alle nostre velocità ha un effetto trascurabile.

Si sarebbe quindi portati a credere che una vela perfettamente liscia generi meno resistenza di attrito di una ruvida. Questo fatto, specie alle bassissime velocità tipiche del Volo Libero, non è del tutto vero. Anzi, molte vele presentano piccolissime corrugazioni, a distanza regolare le une dalle altre, e vantano una riduzione della resistenza di attrito, come mai?
In queste vele l'aria resta addirittura 'intrappolata' tra le corrugazioni e (almeno in teoria) non scorre affatto sulla vela, ma forma piuttosto un sottilissimo cuscinetto solidale con il movimento dell'ala. La restante aria scorre sopra questo cuscinetto, incontrando meno attrito di quanto ne incontrerebbe scorrendo su di una superficie 'solida', per quanto liscia (Fig. 3-13).
La resistenza di attrito, tuttavia, è di gran lunga la meno rilevante, specie alle nostre velocità.



RESISTENZA INDOTTA

Figura 3-14. Resistenza indotta: è massima alle basse velocità.

È il principale nemico da battere per i progettisti di apparecchi a bassa velocità (come le ali da Volo Libero).
Per comprendere di che si tratta pensiamo ad un transatlantico: nella sua scia si notano enormi mulinelli di acqua. Per mettere in movimento quelle tonnellate di liquido è stata evidentemente 'spesa' una grande quantità di energia (e dunque di carburante). Tuttavia a nessuno interessa che quei vortici esistano e la domanda 'perchè spendere energia per costituirli?' trova una sola risposta: 'perchè non si riesce a farne a meno!'.
I mulinelli sono il segno evidente della resistenza indotta (o parassita) e sono anche il segno dei limiti progettuali: un progetto 'ideale' non produrrebbe alcun mulinello, ma convertirebbe in 'avanzamento' tutto il carburante (o qualsiasi altra forma di energia) disponibile.
Similmente, nel volo, la resistenza indotta deriva dalla formazione, nella scia di volo, di vortici, o più in generale, di movimenti turbolenti dell'aria, non desiderati ma inevitabili: è infatti la differenza di velocità tra l'aria che scorre ventralmente ad un'ala e quella che scorre sull'estradosso a generare tali vortici.
Si distinguono i piccoli vortici centrali (presenti lungo tutto il bordo di uscita dell'ala) ed i grandi vortici marginali (che si formano dietro e lateralmente alle estremità alari).
La resistenza indotta è per noi di gran lunga la più importante poichè la sua influenza è massima alle basse velocità, mentre diviene, via via, meno importante alle velocità maggiori.

Riepilogando possiamo dire che, alle bassissime velocità proprie del Volo Libero, la resistenza di forma conta poco, quella di attrito ancora meno, mentre quella indotta è la 'bestia nera' contro cui si accaniscono progettisti e costruttori.
La resistenza totale (formata dalla somma dei tre tipi ora visti) è comunque la componente della forza aerodinamica totale che si oppone all'avanzamento; come vedremo, a parità di altre condizioni, essa varia al variare dell'angolo di incidenza.

LA PORTANZA

La portanza riconosce una sola origine (non esistono tre tipi di portanza) e può essere definita come la componente della forza aerodinamica totale che si oppone alla caduta. In altre parole è la forza che consente di 'star su' a tutto ciò che vola (con l'eccezione di areostati e mongolfiere che, invece, 'galleggiano' nell'aria). Anch'essa varia, come vedremo, al variare dell'angolo di incidenza.

IL PESO APPARENTE

Come sappiamo il peso è l'espressione della forza di gravità, ed è quindi sempre rivolto verso il centro della terra; viaggiando in discesa (lungo un piano inclinato), tuttavia, si ha la sensazione che esso sia rivolto, non più verso il basso, ma perpendicolarmente al piano inclinato stesso: questo è il peso apparente.
Nel volo uniforme esso è inferiore al peso reale (com'è logico, dal momento che ne rappresenta una componente) ma alcune manovre (virate strette, brusche cabrate dopo una picchiata) possono innalzarlo notevolmente.
Il peso apparente viene comunque definito come quella componente del peso reale che, durante il volo planato uniforme, 'tira' verso il basso e leggermente all'indietro, opponendosi alla portanza ed equilibrandola perfettamente.

LA TRAZIONE

Se qualche perplessità poteva esistere parlando di peso apparente (in fondo possiamo non averlo mai notato), la trazione che deriva da un piano inclinato è nota a tutti. Lasciate un'auto parcheggiata in discesa, senza i freni ben tirati, e vedrete che la stessa inclinazione del terreno trasforma il peso dell'auto in trazione: nessuno la spinge e lei se ne va... Se poi le auto sono due, una vuota ed un'altra a pieno carico, noteremo che la seconda parte molto più decisa e raggiunge una velocità maggiore in meno tempo: in altre parole il peso si trasforma in spinta nella macchina vuota, ed il maggior peso si trasforma in maggior spinta nella macchina piena.
La trazione è dunque la componente del peso, diretta nel senso del moto, che opponendosi ed equilibrandosi alla resistenza, ci permette di avanzare su un piano inclinato.
Nota: su quanto sopra riportato sono giunte alcune pesanti e ragionevoli rampogne.
Come sempre a me, qui, basta dare concetti che aiutino a capire cosa accade nella realtà; siccome, secondo alcuni, quanto scritto lede nientemeno che Galileo, ho pensato di aggiungere, in una pagina apposita, le osservazioni fatte e le 'soluzioni'. Chi si addentra lo fa a proprio rischio e pericolo :-). Grazie comunque ai due Carli che hanno voluto dare il loro (graditissimo) contributo).

LE VELOCITÀ NEL VOLO PLANATO UNIFORME

VELOCITÀ DI TRIM

Un velivolo ben equilibrato, quando lasciato libero di planare in modo stabilizzato (in aria calma) senza che gli vengano impartiti comandi, volerà con un angolo di incidenza determinato dalle sue caratteristiche strutturali e di regolazione: esso scenderà, pertanto, secondo un piano inclinato costante, ad una velocità altrettanto costante; tale velocità, che varia da apparecchio ad apparecchio, è detta velocità di TRIM (o di regolazione).

VELOCITÀ DI MINIMA CADUTA

Aumentando l'angolo di incidenza, l'ala rallenta, fino a raggiungere la velocità di minima caduta: in aria calma e a parità di quota questa velocità è quella che ci permette di stare in aria più a lungo. Attenzione però!

VELOCITÀ DI STALLO

Aumentando ulteriormente l'angolo di incidenza, si supera quello critico di stallo (in termini meno tecnici si può dire che la velocità è scesa al di sotto della velocità di stallo) e l'apparecchio, come vedremo, non vola più.

VELOCITÀ DI MASSIMA EFFICIENZA

Se invece, partendo sempre dalla velocità di TRIM, riduciamo l'angolo di incidenza, l'apparecchio accelera, fino a raggiungere la velocità di massima efficienza: è questa la velocità alla quale diviene ottimale il rapporto tra caduta ed avanzamento, in altri termini, in aria calma, è la velocità che ci permette di andare più lontano.

VELOCITÀ MASSIMA

Picchiando ulteriormente (riducendo ancora di più l'incidenza) la traiettoria diviene molto ripida, e si viaggia alla velocità massima raggiungibile in sicurezza.

UN'ECCEZIONE

Come vedremo più in dettaglio nel capitolo dedicato al parapendio, questa 'macchina volante' rappresenta, anche a questo proposito, un'eccezione: esso, infatti, quando lasciato volare senza nessun intervento del pilota, procede ad una velocità vicina a quella massima raggiungibile. Tutte le altre velocità vengono quindi raggiunte incrementando l'angolo di incidenza (rallentando sempre di più l'ala stessa): si incontreranno comunque, nell'ordine, la velocità di massima efficienza, quella di minima caduta e quella di stallo.


Figura 3-15. Tempi di volo e distanze compiute volando alle diverse velocità.