| L'AERODINAMICA
L'aerodinamica, come suggerisce il suo nome, studia e descrive il moto dell'aria e le forze che questa esercita sui corpi
che ne sono investiti: è dunque la disciplina che spiega il comportamento di un'ala in volo (a dire il vero questa
materia spiega anche il comportamento di qualsiasi altro oggetto che viaggi nell'aria).
Bisogna però chiarire subito che l'aerodinamica, così come è esposta in questo capitolo, è
riferita ad un profilo alare ideale: non ci stupiremo, quindi, nel notare che alcune situazioni sono difficilmente
'trasportabili' alla realtà del volo libero (che, aerodinamicamente parlando, sfrutta ali nient'affatto ideali):
deltaplano e parapendio, infatti, hanno profili alari flessibili e deformabili, ed il pilota (che costituisce la maggior
parte del peso della 'macchina volante') è esterno al profilo alare stesso (nel caso del parapendio esso è
molto distante dall'ala). In altre parole, il Volo Libero presenta alcune importanti eccezioni rispetto alle
regole generali dell'aerodinamica ma, proprio per comprendere bene tali eccezioni, bisogna aver capito con esattezza
la regola.
Una seconda considerazione, doverosa, è che ci occuperemo soltanto della aerodinamica che gli esperti chiamano
di bassa (velocità), dal momento che le nostre possibilità di giungere a velocità vicine o
superiori a quelle del suono (quando accadono fenomeni aerodinamici diversi da quelli che studiamo noi) sono assolutamente
nulle.
La terza ed ultima considerazione è che ci limiteremo alla aerodinamica del volo veleggiato e non di quella
con trazione artificiale (motore).
Riepilogando, quindi, ci apprestiamo a conoscere le regole generali dell'aerodinamica del volo veleggiato (che è
aerodinamica 'di bassa'), consci del fatto che, in alcuni casi, tali regole non si applicano direttamente alle ali
leggere. Nell'ambito dei rispettivi capitoli cercheremo di capire in maggior dettaglio l'aerodinamica del deltaplano e
del parapendio e le ragioni di alcuni comportamenti particolari di queste 'macchine volanti'.
CONCETTI DI FISICA UTILIZZATI NEL CAPITOLO
Accenneremo ora ad alcuni concetti fondamentali di fisica che utilizzeremo in questo capitolo ed in quello di
meteorologia: dobbiamo quindi conoscerli, almeno a grandi linee, poichè costituiscono i 'vocaboli' della
lingua che ci apprestiamo a studiare.
FORZA
Se un oggetto inanimato giace, per i fatti suoi, in una condizione di equilibrio e non interviene nulla, esso resta come
è, e non si sogna di spostarsi. Perchè il suo stato cambi deve intervenire qualcosa: questo qualcosa
è, necessariamente, una forza. Si pensi ad una pallina da golf, placidamente adagiata sull'erba: quando
le viene applicata, con un apposito bastone, la forza sufficiente, essa schizza via, spostandosi anche di qualche
centinaio di metri (a seconda dell'intensità del colpo) nella direzione della forza stessa. La forza, in fisica,
può dunque essere definita come la causa capace di modificare lo stato di quiete o di moto di un corpo.
Come intuitivamente sappiamo, una forza è caratterizzata da un punto di applicazione (nell'esempio la
pallina da golf), da una intensità (da debole a forte), da una direzione (ad esempio asse Nord-Sud)
e da un verso (verso Nord oppure verso Sud).
Una forza è dunque completamente definita da questi quattro parametri.
Quando vengono disegnate, le forze sono rappresentate da frecce: il punto di applicazione coincide con l'origine della
freccia, l'intensità è proporzionale alla lunghezza della freccia medesima, la direzione è data
dall'asse della freccia ed il verso è indicato dalla 'punta' (per intendersi si possono avere forze opposte che
hanno la stessa direzione ma verso opposto).
Le grandi forze che incontreremo e studieremo sono la pressione (che, ad essere precisi, è una forza su una
superficie), il peso (forza di gravità), la forza aerodinamica e le sue 'ancelle' portanza e resistenza, la
spinta (come quella generata da un motore), la forza centrifuga e quella centripeta.
Anche se non conosciamo ancora l'esatto significato di questi termini, già sappiamo che si tratta sempre di
forze, cioè di entità in grado di influenzare il movimento (o il riposo) degli oggetti che le subiscono.
COMPOSIZIONE E SCOMPOSIZIONE DELLE FORZE
Dobbiamo tenere a mente che è sempre possibile scomporre una forza in due o più forze ad essa
equivalenti (dette componenti), così come è possibile, al contrario, comporre forze differenti
(purchè applicate ad uno stesso corpo) in un unica forza (detta risultante).
Per fare ciò si usa la tecnica del parallelogramma (che è poi una figura geometrica con i lati, a due a
due, paralleli fra loro); valgano due esempi pratici.
COMPOSIZIONE
Si immagini una barca su di un fiume trainata da due cavalli che camminano sulle rive opposte (Fig. 3-2). I cavalli
esercitano due forze distinte A e B, applicate allo stesso punto (la prua della barca) ma aventi direzioni e verso
differenti.
La barca si muoverà secondo una terza direzione C: se le frecce che indicano le forze A e B sono ben disegnate
(tendendo conto della esatta intensità) è allora molto semplice ottenere direzione, verso ed
intensità della forza risultante. Per farlo basta tracciare, partendo dalla punta di A, una linea parallela a B;
allo stesso modo, poi, si traccia, partendo dalla punta di B, una linea parallela ad A: ecco tracciato il nostro
parallelogramma. Unendo il punto di applicazione (che nel nostro esempio non cambia) con il punto di incontro tra le
linee tracciate, otteniamo proprio la risultante; il disegno ci dice direzione, verso ed intensità del movimento
della nave (o se preferite, delle due forze A e B applicate contemporaneamente).
Un secondo modo di esprimere la stessa cosa è il seguente: quando due forze vengono applicate allo stesso punto,
questo subisce, in pratica, una sola forza che è la risultante delle prime due (ed eventualmente si sposta di
conseguenza).
SCOMPOSIZIONE
Al contrario una singola forza A può venire scomposta in due forze C e D, che sono applicate nello stesso punto ma
che mostrano direzione, verso, ed intensità differenti.
Attenzione però, mentre esiste un solo modo per comporre due forze, trovandone la risultante, esistono
infiniti (letteralmente) modi di scomporre una forza in due componenti (Fig. 3-2). Questo significa che, quando
si deve scomporre una forza, si può 'scegliere' secondo quali assi scomporla: come vedremo, nell'aerodinamica del
volo planato, i due assi prescelti sono rappresentati dalla direzione del vento relativo e dall'asse a questo
perpendicolare.
CAMPO
Nella realtà l'aria non è mai ferma, la sua pressione non è mai costante e la temperatura varia in
continuazione; tuttavia, se vogliamo capire qualcosa degli effetti che l'aria esercita su un oggetto dobbiamo isolare
questi effetti da altri dovuti, poniamo, al sole, al vento o ai moti turbolenti.
Per fare ciò si immagina di poter disporre di una 'zona di spazio' dove non accade nulla di imprevisto e dove
agiscono soltanto le forze che desideriamo studiare: questo spazio "irreale" (a volte faticosamente riprodotto in
laboratorio) viene chiamato campo. Il campo dunque è un'entità teorica utile per lo studio
degli effetti delle forze su corpi isolati.
PRESSIONE
La pressione è la forza esercitata su una superficie, con direzione perpendicolare a questa.
Una particolare pressione che riveste notevole importanza in aerodinamica (e come vedremo anche in meteorologia) è
la pressione esercitata, su tutte le superfici, dall'aria che circonda la superficie terrestre, cioè la
pressione atmosferica, e noi la utilizzeremo come esempio per comprendere alcuni aspetti generali della
pressione stessa.
La pressione atmosferica è relativamente costante (pur oscillando intorno a valori medi) e noi non ci accorgiamo
nemmeno che esiste, fino a quando essa varia bruscamente (ad esempio cambiando rapidamente quota) e si fa sentire.
Anche se la pressione atmosferica è, in un certo senso, 'arbitraria' (se vivessimo in un'atmosfera di elio essa
sarebbe ben inferiore), il suo valore medio, presente sulla terra al livello del mare (circa 760 mmHg per ogni centimetro
quadrato), viene fatto pari ad 1 ATM (atmosfera, appunto). Gonfiare un pneumatico a 2,5 ATM significa quindi immettere
una pressione pari a due volte e mezzo quella terrestre. Anche se non esistono (nè possono esistere) pressioni
negative, l'abitudine di vivere immersi in 1 ATM ci ha influenzato e parliamo dunque di sovrappressioni per
pressioni superiori a 1 ATM e di depressioni (o, impropriamente di pressioni negative) per pressioni inferiori
a 1 ATM.
La figura 3-3 porta tre esempi del modo in cui due comparti con pressioni diverse influenzano il movimento di un
separatore mobile posto tra loro.
Anche se 'sembra' che in un caso lo stantuffo sia stato 'spinto' dalla sovrappressione mentre nell'altro esso sia stato
'risucchiato' dalla depressione, in entrambi i casi il 'lavoro' è stato compiuto dalla differenza di
pressione tra i due comparti.
PRESSIONE STATICA E PRESSIONE DINAMICA
La pressione che l'aria esercita sulle pareti interne di un pneumatico è una pressione statica. In altri
termini è una pressione che l'aria esercita senza muoversi. Quando invece l'aria viene posta in movimento,
si genera la pressione dinamica (o cinetica), che nasce e si rafforza a spese di quella statica (che diminuisce).
Facciamo un esempio, necessariamente semplificato (Fig. 3-4). Immaginiamo un lungo tubo cavo, come quello utilizzato dai
benzinai per gonfiare le gomme: su tutte le sue superfici agisce la pressione atmosferica (1 ATM); all'interno la
pressione è determinata dal 'cilindro' di aria che sta dentro al tubo, mentre all'esterno è dovuta all'aria
circostante; si tratta in entrambi i casi di pressione statica.
Quando però il compressore mette in movimento l'aria si genera una nuova pressione che prima non esisteva: la
percepiamo molto bene se dirigiamo il getto d'aria contro il palmo della mano. Questa pressione, dovuta al movimento
dell'aria è la pressione dinamica.
LA LEGGE DI BERNOULLI
Fin qui tutto bene. Meno intuitivo è il legame che esiste tra pressione statica e pressione dinamica, ed infatti
la scoperta di tale legame ha fruttato a Daniele Bernoulli una fama eterna; egli era un fisico del 700 che, dopo infiniti
studi e prove, dichiarò: 'la somma della pressione statica più quella dinamica è costante!'
(in realtà Bernoulli, nipote dell'altrettanto illustre e scientifico Nicola, disse qualcosa di molto più
complesso, riferito ai liquidi incomprimibili, ma accettiamo questa enorme semplificazione, utile per comprendere quanto
segue). Quando l'aria è ferma la pressione dinamica non esiste (è uguale a zero): tutta la pressione
disponibile è in forma statica (contro le pareti interne). Man mano che l'aria viene messa in movimento, e scorre
nel tubo, si genera pressione dinamica (contro la mano fuori dal tubo). Se è vero che la somma di questa nuova
pressione con quella statica non varia, significa che la pressione statica è diminuita, tanto di più quanto
più è aumentata quella dinamica.
Sarà vero? Per sincerarsene basta un semplice esperimento. Si prendano due fogli di carta e li si lascino penzolare
tra le dita, paralleli tra loro.
I due fogli delimitano tre zone: la zona compresa tra i fogli stessi e le due zone esterne (destra e sinistra). In tutte
tre le zone esiste una identica pressione atmosferica (pressione statica) e quindi i fogli non si muovono.
Soffiamo ora tra i fogli (meglio dall'alto verso il basso) e, se abbiamo fatto le cose bene, notiamo che questi,
anzichè allontanarsi si avvicinano.
È infatti accaduto che, mentre sulle superfici esterne dei due fogli, la pressione dell'atmosfera non
è cambiata, all'interno l'aria, muovendosi, ha ridotto la sua pressione statica sulle superfici interne. Se
qualcuno, mentre noi soffiamo, pone la sua mano nella direzione del soffio, percepirà la pressione dinamica
che si è creata ex novo. Quel Bernoulli ... aveva proprio ragione!
IL TUBO DI VENTURI
Mezzo secolo più tardi, Giovanni Battista Venturi, trovò la prima applicazione pratica al teorema del suo
illuminato collega e costruì un tubo in grado di misurare la velocità di scorrimento di un fluido,
sfruttando proprio i rapporti tra pressione statica e velocità.
Scusandoci con gli appassionati ed i fisici usiamo ancora una volta la scure della semplificazione e facciamo dire
anche a Venturi qualcosa di più banale rispetto a ciò che in realtà disse: "l'aria che viene
forzata attraverso una strozzatura subisce una accelerazione che è proporzionale alla velocità iniziale
dell'aria stessa". Allo stesso modo la pressione statica, a livello della strozzatura, si riduce tanto più quanto
maggiore è la velocità iniziale.
Reincontreremo il signor Venturi parlando di meteorologia (effetto Venturi delle valli strette) e di strumenti (tubo di
Venturi in alcuni anemometri).
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