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Planare in sicurezza è il punto di arrivo di un allievo che conclude il corso base di volo, ma è soltanto
il punto di partenza per chi intraprende questo sport con il desiderio di giocare per ore nelle correnti e di compiere
voli di distanza, in altre parole di veleggiare a piacimento.
Già intuiamo che, per poterlo fare, è indispensabile "rubare energia" all'aria che ci circonda, sfruttandola
al meglio per i nostri fini.
Diciamo subito che veleggiare è un arte: molti possono riuscire a prolungare il loro volo in giornate
particolarmente favorevoli, ma pochi arrivano a sfruttare ogni minima ascendenza, stando sù quanto tutti gli altri
sono costretti ad atterrare. Nello sviluppo di tali capacità l'esperienza e l'istinto giocano sicuramente un
ruolo importante, ma una conoscenza più approfondita delle correnti ascendenti e del modo di sfruttarle rappresenta
un "sine qua non" per potersi incamminare (ma vorremmo dire "involare") in questa direzione evitando, nel contempo,
pericolosi errori che (essendo ormai ben noti), è assolutamente inutile ripetere.
VOLO IN TERMICA
Saper "indovinare" la posizione e le caratteristiche di una termica è, indubbiamente, il primo requisito per
sfruttarne l'energia. Vale quindi la pena di approfondire alcuni aspetti utili in tal senso, per esaminare poi le diverse
tecniche sfruttamento.
LA FORMA DELLE TERMICHE
Parlando di adiabatiche abbiamo sempre fatto riferimento a "bolle" d'aria e, in alcuni casi, questo coincide con la
realtà (bolle di 30-50 metri di diametro). In altri casi, invece, la termica è un vero e proprio "camino
ascendente", largo parecchie centinaia di metri ed alimentato da uno strato limite termico sottostante.
Delle bolle abbiamo già parlato, e dedichiamo quindi la nostra attenzione alle termiche più ampie e continue
nelle quali l'ascendenza è massima verso il centro detto nocciolo (o core), e minore man mano che si
avvicina alla "periferia".
L'irregolarità si accentua nelle termiche più grandi e non è raro che esistano due o più
noccioli distanti anche decine di metri.
Poichè l'aria che sale deve essere, comunque, rimpiazzata da altra aria, le termiche sono circondate da correnti
discendenti; si crea quindi una zona dove il movimento (salita-discesa) si inverte in poco spazio, generando, a volte,
una turbolenza anche notevole.
La figura 8-1 mostra i valori medi di ascendenza rilevati in una termica primaverile: si noti la zona centrale, dotata di
maggiore ascendenza, e se ne osservi la forma irregolare. È da queste irregolarità che nascono le differenze
connesse al "centraggio" della termica.
BOLLE O COLONNE?
Tra questi due estremi (singola bolla od ampia colonna) esiste una infinita varietà di forme, che dipende dalla
stabilità dell'aria, dall'insolazione, dalle caratteristiche del terreno e dalla presenza di vento. Per fortuna
esistono alcune "regoli generali", relativamente semplici, che possono dare un aiuto nell'indovinare la forma della
termica che ci si para davanti e permetterci, dunque, di sfruttarne l'energia.
L'ARCO DELLA GIORNATA
A parità di ogni altra condizione (vento, equilibrio termico, ecc.) le termiche variano la loro forma nell'arco
della giornata in modo prevedibile:
- al mattino presto (poco dopo l'alba) l'aria è immobile, condizione ideale per una tranquillissima
planata;
- dopo un paio d'ore si distaccano le prime, singole, bolle; sono molto piccole e quindi difficili da sfruttare;
Nella tarda mattinata le bolle si staccano in modo sempre più ravvicinato e continuo, fino a formare, nelle ore
di massima insolazione, colonne potenti ma ancora strette: sono condizioni "forti" ma, proprio per questo, difficili da
sfruttare;
- Finalmente, nel pomeriggio, si formano colonne larghe ma un pò pigre; non hanno la potenza delle
precedenti ma sono molto più "docili" e benevole, adatte ai primi tentativi di volo veleggiato;
- Verso sera i movimenti ascensionali si spengono, con l'eccezione delle larghe termiche di restituzione, che
caratterizzano alcune giornate e che sono un vero e proprio "paradiso" dei prudenti;
È importante quindi ricordare che, specie per gli allievi ed i principianti, nelle giornate di buona
instabilità inferno e paradiso si alternano ogni giorno.
Per questo i primi voli alti vengono fatti alla sera, (o alla mattina molto presto) quando l'aria è calma;
le "botte" presenti nelle ore di massima insolazione sono gradite al pilota esperto che ne riconosce la
sfruttabilità, ma possono essere terrificanti per l'inesperto che si sente sballottato a destra e a manca
senza riuscire ad imporre la sua volontà all'apparecchio.
Man mano che l'abilità del pilota cresce egli potrà via via anticipare il momento del decollo affrontando
condizioni sempre più robuste (restando sempre, ovviamente, nell'ambito delle condizioni "volabili").
STABILITÀ O INSTABILITÀ
Anche la condizione di equilibrio dell'aria gioca un forte ruolo nel determinare la forma delle termiche; a parità
delle altre condizioni (Fig. 8-3):
- In una giornata instabile le termiche hanno la tendenza a svilupparsi in ampie e numerose colonne raggiungendo,
come sappiamo, quote elevate;
- In una giornata stabile le ascendenze (molto più rare) sono isolate e tendono a mantenere la forma di
bolla (ampia anche un centinaio di metri); le turbolenze che si generano possono essere anche notevoli, ma difficilmente
sfruttabili poichè non raggiungono, comunque, quote elevate.
- Nelle giornate di grande stabilità, può accadere che una termica superi la linea di cresta, per
riprendere a salire solo oltre di essa.
VENTO O BONACCIA
Abbiamo già accennato al ruolo chiave del vento nel determinare il distacco dello strato limite termico, e nel
generare quindi le ampie colonne termiche.
Nelle giornate senza vento, quando l'insolazione è sufficiente a creare forti differenze di temperatura negli
strati di aria a contatto con il terreno, si staccano ugualmente delle bolle che, però, non si organizzano.
Come in caso di stabilità (le due condizioni spesso concomitano) anche la bonaccia dà luogo a bolle,
anche forti, ma poco sfruttabili.
Quanto vento?
Se la bonaccia è deleteria non si deve però pensare che "tanto più vento c'è, tanto migliori
saranno le termiche", anzi.
L'ideale è un vento debole (intorno ai 10 km/h) che aiuti il distacco dello strato limite termico senza tuttavia
"stravolgere" la forma della termica.
In queste situazioni il cumulo si forma sopra la cima della montagna e la termica è costituita spesso da
più "camini" che si riuniscono dopo essersi staccati dal pendio.
Un vento più sostenuto (20-25 km/h) determina uno "scarrocciamento" della termica, che sale quindi con un asse
obliquo, inclinato nella direzione del vento. Una termica scarrocciata è più difficile da centrare e da
sfruttare, ma è ancora una buona fonte di veleggiamento.
Un vento ancora superiore (30-40 km/h), oltre a porre problematiche di sicurezza ai velivoli lenti, è
controproducente alla formazione di termiche per due ragioni: in primo luogo un tale vento raffredda il terreno, minando
alla base (è il caso di dirlo) la produzione di termiche; in secondo luogo le poche termiche che si formano
vengono deviate, spezzate e, infine, eliminate dallo stesso vento. Un segnale di tale fenomeno è dato dalla
presenza di piccoli cumuli sfilacciati, in continua formazione e disfacimento, che prendono il nome di fractocumuli.
VENTO E SOLE
Immaginiamo ora di essere in volo, 500 metri più in basso rispetto alla base di un bel cumulo, piccolo candido ed
amichevole. Non abbiamo ancora voglia di atterrare e ci piacerebbe molto "agganciare" la termica che sale fino a quel
cumulo.
Dove cercarla?
Con vento molto debole avremo ottime probabilità di trovarla quasi sotto la verticale della nube, leggermente
spostata nella direzione del sole.
Con vento più sostenuto, invece, dovremo tenere conto dello scarrocciamento, tanto più ampio quanto
maggiore è la forza del vento.
Una regola aurea insegna che l'ascendenza si trova (generalmente) lungo la bisettrice dell'angolo formato dai tre
elementi in gioco: sole, nuvola e vento.
In alcuni casi, tuttavia, le termiche compiono veri e propri "gomiti", e può capitare che, dopo alcuni
soddisfacenti giri non si salga più, anche se il cumulo è parecchio più in alto di noi (Fig. 8-5):
in questi casi è spesso sufficiente spostarsi nella direzione del vento, per ritrovare l'ascendenza.
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