Capitolo 8 - L'ARTE DI VELEGGIARE

VOLO IN DINAMICA

Il volo in dinamica è spesso giudicato molto più semplice di quello termico, non foss'altro perchè le zone di ascendenza sono ampie e precisamente localizzate (davanti ed in alto rispetto al pendio esposto al vento). Pur nella sua semplicità, tuttavia, il volo in dinamica riserva alcune sorprese ai piloti inesperti e, soprattutto, distribuisce punizioni molto severe a chi ne ignora le esigenze inderogabili.

In altre parole: restare in termica è difficile, ma sbagliando non succede nulla di grave (si scende); volare in dinamica è facile, ma sbagliando si possono incontrare problemi molto seri. Il volo dinamico, infatti, si svolge costantemente vicino ad un costone o ad un pendio montano ed il vento spinge proprio verso il monte stesso; dietro la montagna la famigerata zona di sottovento ricca di rotori e di discendenze, possiede tutta la forza distruttiva sufficiente per causare danni anche enormi. La notevole calma che caratterizza il volo dinamico (niente scossoni, ascendenza uniforme e diffusa) può inoltre generare un "falso senso di sicurezza", inducendoci ad "abbassare della guardia".

LE CORRENTI DINAMICHE

Le correnti dinamiche che si generano lungo i costoni montani investiti dal vento forniscono un sostentamento per il volo veleggiato quando il vento stesso spira ad almeno 20-30 Km/h.

Volare in dinamica significa dunque "bordeggiare" avanti ed indietro lungo un costone, idealmente mantenendosi nella fascia di migliore ascendenza che, come si può vedere nella sezione di meteorologia, non coincide con la cresta, ne è localizzata troppo vicino al pendio.

Durante il volo in dinamica inoltre il mezzo risente della spinta del vento e la direzione di volo (quella indicata dalla parte centrale dell'ala) non potrà essere parallela al costone, altrimenti ci troveremmo in un tempo brevissimo spostati contro di esso, oppure addirittura dall'altra parte rispetto alla cresta. È invece necessario volare puntando il naso anche a valle, in modo da neutralizzare la spinta del vento; più precisamente l'angolo da formare con la direzione del costone sarà tanto più ampio quanto più forte è il vento.

Questo modo di procedere, la già citata andatura a granchio, è l'unico che ci consente di rimanere lungo il pendio (Fig. 8-8). Se in termica la chiave di sfruttamento risiede nell'esecuzione di virate a 360 gradi, continue e coordinate, in dinamica la parte del leone è fatta dalle curve di 180° che consentono, appunto, di "bordeggiare" il pendio restando nella zona "giusta".

Le virate devono essere sempre eseguite controvento, e questa regola non ammette eccezioni (Fig. 8-9).

   
Figura 8-8. In presenza di vento si deve volare mantenendo una rotta apparente tanto più rivolta controvento quanto maggiore è l'intensità di questo.

    Figura 8-9. Volare in dinamica significa "bordeggiare" il pendio mantenendosi sempre alla giusta distanza da questo e compiendo le virate sempre controvento.



Figura 8-10. Il raggio di virata al suolo risente pesantemente della direzione ed intensità del vento: virare sempre controvento lungo i costoni o vicino al suolo.

È infatti evidente che una virata di 180 gradi compiuta verso il pendio ci porterebbe, per qualche attimo, ad essere sospinti contro di esso ad una velocità notevole (la nostra anemometrica più quella del vento).

Inoltre, mentre le virate effettuate controvento risultano "compresse" (lo spazio di virata, riferito al suolo, è notevolmente ridotto), le virate compiute a favore di vento hanno un raggio apparente molto ampio (Fig. 8-10).

Una seconda cosa che deve evitare chi desidera prolungare il volo è il progressivo allontanamento dal pendio per la mancata chiusura delle curve a 180 gradi. Con il deltaplano ci guarderemo bene anche dall'andare troppo vicino al pendio (manovra, oltre che pericolosa, anche inutile data la posizione della zona di migliore ascendenza), mentre se il terreno è ampio, morbido e non scosceso, con il parapendio si potranno effettuare top-landing e touch-and-go a go-go (quanto inglese!).

Da ultimo ricordiamo che anche lungo i pendii esiste un gradiente di vento: questo può innescare una virata verso monte in un ala troppo vicina al pendio, infatti la semiala esterna viene investita da un vento più sostenuto rispetto a quella interna e si solleva generando un rollio verso il rilievo.

IL PERICOLO DEL VOLO IN DINAMICA: I ROTORI E LE GOLE


Figura 8-11. I grossi rotori di sottovento e quelli piccoli di sopravvento devono essere attentamente evitati.

Abbiamo già visto che quando il vento incontra un ostacolo il suo moto ne esce perturbato. In particolare sono molto temibili i rotori, masse d'aria in rapida e disordinata rotazione verticale, che si formano sottovento agli ostacoli stessi.

Per questo motivo, volando in dinamica, non ci si lascierà mai scarrocciare al di là (sottovento) del pendio (dove il nostro apparecchio verrebbe reso totalmente ingovernabile ributtato al suolo), ma ci si manterrà in ogni caso sopravvento alla linea di cresta (Fig. 8-11).

Oltre ai rotori di sottovento vanno evitati anche i piccoli rotori che si formano, con venti sostenuti, alla base del pendio sopravvento: per tale motivo, se abbiamo perso parecchia quota, ci allontaneremo dalla montagna (anzichè "limarne" la base nel disperato tentativo di "star su" ancora un po') preparandoci ad un sereno atterraggio: potremo riprovare con tutta calma in un'altra occasione.


Figura 8-12. Per superare un canalone od una valle stretta è necessario "allargare" per evitare di rimanere intrappolati nell'effetto Venturi che essi generano.

Una seconda difficoltà legata al volo in dinamica è rappresentata dalle valli o dalle gole orientate parallelamente (o quasi) alla direzione del vento (quelle orientate perpendicolarmente sono piene zeppe di rotori!). In esse il vento si incanala ed aumenta la propria velocità, proprio come abbiamo visto accadere, in aerodinamica, nel Tubo di Venturi: da qui il nome di Effetto Venturi (Fig. 8-12).

Il pilota che volesse attraversare in modo diretto un canalone investito dal vento (e può volerlo fare solo se non ha studiato questo fenomeno) si troverebbe a dover aumentare sempre di più l'angolo tra rotta reale e rotta apparente (per compensare l'aumento di velocità del vento) fino a ritrovarsi in mezzo al canalone, alla massima velocità (per non indietreggiare) in una rapida ed inesorabile discesa. Come se non bastasse al di sopra di tali canaloni esiste una depressione (generata appunto dalla aumentata velocità dell'aria in valle) che agisce da trappola "acchiappapolli", attirando verso il basso il pilota che pensava di poter superare il canalone stando alto (l'effetto Venturi di alcune valli si innalza per 400 o più metri al di sopra dei bordi del canale).

Per queste ragioni la corretta tecnica di superamento prevede degli "allargamenti verso la pianura" volando anteriormente alla bocca del canalone stesso (Fig. 8-12).

CONDIZIONI MISTE: LE ASCENDENZE TERMODINAMICHE

Spesso accade che un vento, di per sè insufficiente a generare una ascendenza dinamica pienamente sfruttabile, sospinga contro un costone montano numerose ascendenze termiche che originano poco lontano da questo.

Il tipo di sfruttamento da preferire dipende ovviamente dal prevalere del fenomeno termico o di quello dinamico e dalla quota: il sistema più semplice e sicuro è quello di volare, inizialmente, a granchio (come in dinamica) rallentando brevemente durante le ascendenze ed accelerando fra di esse. Inoltre le virate a 180 gradi vengono effettuate all'interno delle ascendenze stesse (naturalmente sempre controvento). Nel far questo avremo anche notato dove si distaccano le colonne più ampie e potenti; una volta superata (abbondantemente) l'altezza della cresta, "agganceremo" la migliore con una serie di 360, tenendo conto dell'inevitabile scarrocciamento. Se ci si accorge che lo scarrocciamento è eccessivo per il nostro mezzo e ci conduce troppo sottovento alla cresta rispetto alla quota, ci affretteremo ad abbandonare la termica uscendone dalla parte sopravvento.


Figura 8-13. Sfruttamento delle ascendenze "miste": a bassa quota si compie una serie di 180° e, superata abbondantemente la linea di cresta, si iniziano i 360° nella termica più potente individuata.