Capitolo 5 - IL VOLO COL DELTAPLANO

IL VOLO

IL CONTROLLO DELL'INCIDENZA

Come abbiamo appreso dall'aerodinamica, il controllo dell'incidenza è cruciale nel determinare le velocità di volo (sia verticale che orizzontale) e, conseguentemente, anche l'efficienza.

Durante il volo l'incidenza viene modificata dagli spostamenti antero-posteriori del peso del pilota:
  • spostamento del peso in avanti (ottenibile tirando a sè la barra)=riduzione dell'angolo di incidenza: diminuzione di portanza e di resistenza (principalmente quella indotta). Ne conseguono un aumento di velocità e del tasso di caduta;
  • spostamento del peso all'indietro (ottenibile spingendo la barra in avanti)=aumento dell'incidenza: aumento di portanza (fino allo stallo), e di resistenza. Ne conseguono una diminuzione della velocità e del tasso di caduta.

LE VELOCITÀ DI VOLO

Trim
Un aquilone ben equilibrato, quando lasciato libero di volare in aria calma senza che vengano esercitate forze sulla barra di controllo, vola ad una velocità determinata dalle sue caratteristiche strutturali e di regolazione: tale velocità, che varia da apparecchio ad apparecchio è detta velocità di trim (o di regolazione).

Minima caduta
Rallentando, cioè spingendo progressivamente sulla barra, si giunge alla velocità di minima caduta: in aria calma e a parità di quota questa velocità è quella che ci permette di stare in aria più a lungo. Attenzione però...

Stallo
Rallentando ulteriormente si scende al di sotto della velocità di stallo e l'apparecchio, come sappiamo dall'aerodinamica, non vola più.

Massima efficienza
Se invece, partendo sempre dalla velocità di trim, acceleriamo, tirando progressivamente sulla barra, raggiungiamo la velocità di massima efficienza: è questa la velocità alla quale diviene ottimale il rapporto tra caduta ed avanzamento, in aria calma, è la velocità che ci permette di andare più lontano.

Velocità massima (in sicurezza)
Tirando ancora, la barra arriva a toccare il nostro corpo ed è impossibile accelerare ulteriormente: questa è la velocità massima raggiungibile in sicurezza (gli stessi apparecchi non sono progettati per velocità superiori).

È teoricamente possibile saltare davanti alla sbarra attaccandosi ai cavi anteriori e precipitare con l'aquilone quasi in verticale, ma gli aumenti di velocità che si osservano sono solo incrementi della velocità verticale ed allora tanto vale saltare senza aquilone (si raggiungono pur sempre 230 Km/h!).

ERRORI NEL CONTROLLO DELL'INCIDENZA E LORO RECUPERO

Il principale errore che può essere commesso nel controllo dell'incidenza è il superamento dell'angolo critico, o angolo di stallo, con conseguente perdita di portanza del deltaplano: è questo lo stallo. Gli apparecchi attuali, tuttavia, mostrano almeno tre tipi di comportamento a seconda che l'angolo critico venga raggiunto lentamente e progressivamente, oppure bruscamente ed in velocità.

PRESTALLO

Se, in volo rettilineo, spingiamo progressivamente sulla barra fino ad avvicinarci all'angolo di stallo, l'apparecchio rallenta sempre più, diventando scarsamente manovrabile: in questa condizione, definibile come "prestallo" il deltaplano "spancia", è estremamente inerte, e non risponde alle manovre di rollio. È la condizione che si verifica, in atterraggio, quando ritardiamo troppo lo stallo finale.

Manovra di correzione: disponendo di un minimo di quota (almeno 20 mt), il pieno controllo dell'apparecchio può essere facilmente ripreso, semplicemente riducendo (anche di poco) l'angolo di incidenza. Una moderata perdita di quota si traduce in velocità, e l'apparecchio torna a volare correttamente.

STALLO

Parlando di atterraggio abbiamo sottolineato che lo stallo finale è una manovra che richiede un minimo di energia: tale considerazione vale anche per lo stallo in volo. Se l'angolo di stallo viene superato dopo una lieve presa di velocità, l'apparecchio segue una traiettoria curvilinea, puntando il naso verso il cielo e "fermandosi" quando ha esaurito l'energia di cui disponeva.

Manovra di correzione: un deltaplano attuale riprende autonomamente il volo, dopo uno stallo, grazie ai dispositivi di autostabilità di cui è dotato. Dopo un attimo di apparente immobilità, il naso "cade" verso il basso ed il deltaplano riprende la velocità e l'incidenza necessarie per volare. Possiamo aiutarlo in questo: tirando leggermente la barra, ridurremo (di poco) il tempo necessario per ristabilire un volo rettilineo. Si tenga conto che il recupero di uno stallo completo richiede almeno 30-50 mt di quota.

STALLO DINAMICO

Sappiamo dall'aerodinamica che lo stallo dinamico si realizza quando l'angolo critico di incidenza viene superato mentre si sta volando ad elevata velocità: con il deltaplano (specie con quelli di 5a gen.) questo è possibile. Supponiamo di eseguire una picchiata ad 80 Km/h e di spingere, improvvisamente e con decisione, la barra in avanti. Nell'attimo stesso in cui l'ala supera l'incidenza critica, essa stalla e smette di volare; tuttavia rimane l'inerzia dovuta alla precedente velocità: ne consegue una perdita di quota molto maggiore rispetto a quella persa dopo uno stallo "normale".

Manovra di correzione: è molto difficile realizzare uno stallo dinamico senza volerlo, poichè sono necessarie due circostanze (tutto sommato) "volontarie", la elevata velocità iniziale e la cabrata molto brusca ed eccessiva. In genere si tratta di manovre acrobatiche mal tentate e peggio riuscite. In ogni caso una leggera trazione sulla barra renderà più rapido il ritorno a condizioni di volo. La perdita di quota sarà però notevole (50-80 mt).

LA VIRATA

Sappiamo dall'aerodinamica, che una virata non è semplicemente ottenibile con un rollio, ma richiede anche un momento cabrante che evita le scivolate d'ala. Nel volo col deltaplano questo si realizza attraverso spostamenti coordinati del corpo sia lateralmente che longitudinalmente.

Esaminiamo, spezzando schematicamente le varie fasi, i movimenti da compiere commentandoli con alcuni cenni di ordine "pratico" (a questo punto, infatti, le ragioni aerodinamiche dovrebbero essere già chiare e comprese).


Figura 5-20. Virata coordinata: A=posizione di volo rettilineo; B=spostamento del peso in avanti (presa di velocità).

  1. Partenza dalla condizione di volo rettilineo.
  2. Trazione sulla barra per una presa di velocità: come sappiamo, infatti, durante una virata l'ala interna vola più lentamente di quella esterna ed è necessario garantirsi che la sua velocità resti superiore alla velocità di stallo (si noti, inoltre, che durante una virata coordinata il peso apparente aumenta, determinando anche un aumento di tutte le velocità compresa quella di stallo). La velocità necessaria sarà tanto maggiore quanto più "stretta" (vale a dire con un piccolo raggio di curvatura) dovrà essere la virata da effettuare. Da un punto di vista pratico la presa di velocità rende l'apparecchio più manovrabile e più rapido nelle risposte.
  3. Spostamento laterale del peso: per inclinare l'apparecchio (rollio); tanto più stretta la è virata, tanto maggiore l'inclinazione. Si consideri che l'aquilone necessita di qualche attimo per "registrare" l'avvenuto cambiamento (latenza di risposta): accade dunque che, preoccupati di questo ritardo, si sia portati ad "esagerare" lo spostamento del peso rollando eccessivamente (sovraccorrezione); per questo motivo le prime virate saranno ampie e l'inclinazione (10-15 gradi) sarà raggiunta progressivamente.
  4. Spinta sulla barra: per generare quel riallineamento di forze che evitano la scivolata d'ala: come sappiamo, infatti, è il mancato cabraggio la causa di questo fenomeno, (nascita della forza centrifuga ed incremento della componente verticale della portanza); d'altro canto una cabrata eccessiva pone l'ala interna (già più lenta) in stallo, generando la "vite", di cui parleremo tra breve. La effettiva necessità di "spingere" in avanti la barra dipende il larga misura dalla regolazione del deltaplano: su alcuni apparecchi, regolati in modo da volare molto lentamente, può essere sufficiente rilasciare la barra di qualche centimetro per generare un momento cabrante.
    Al momento di uscire dalla virata dovremo:
  5. Tirare nuovamente la barra: per riprendere un assetto compatibile con il volo rettilineo (se rimanessimo nella posizione "cabrata", che è indispensabile in virata, ci troveremmo totalmente stallati); come sempre, inoltre, un poco di velocità aiuta la manovrabilità: volando molto lentamente e spostando il peso, si possono verificare, anche in virata, fenomeni legati alla imbardata inversa, cui faremo cenno fra breve, con il risultato di accelerare solo l'ala esterna, accentuando la virata.
  6. Effettuare lo spostamento controlaterale del peso: per rimettere orizzontale l'aquilone; in uscita di virata lo spostamento deve essere eseguito con decisione, portando il corpo anche all'estremità opposta della barra di controllo, se necessario, e riportandolo poi al centro una volta ristabilita l'orizzontalità (tale manovra viene anche detta centraggio).

Figura 5-21. Virata coordinata: C=spostamento laterale del peso; D=spostamento indietro del peso (cabrata in virata); E=spostamento del peso in avanti (presa di velocità); F=spostamento laterale del peso nel senso opposto alla virata (per "centrare" l'apparecchio).

Si ricordi, infine, che un'apparecchio in virata, proprio per la latenza di risposta già citata, tenderà a proseguire la sua traiettoria circolare ancora per un breve periodo prima di ritornare in volo rettilineo: volendo compiere una virata di 90 gradi, dunque, eseguiremo la manovra di centraggio quando avremo compiuto circa 70 gradi (Fig. 5-22).


  

Figura 5-22. L'inerzia dell'apparecchio richiede che il "centraggio" venga effettuato in anticipo (20<198> circa).

  
Figura 5-23. L'imbardata inversa è percepibile, con apparecchi molto allungati, alle basse velocità.

IMBARDATA INVERSA

Abbiamo più volte sottolineato come sia importante disporre di una riserva di velocità di volo per far compiere all'apparecchio le manovre desiderate.

Questo fatto, già rilevante per tutti i mezzi volanti, diviene, se possibile, ancora più essenziale per noi deltaplanisti, data la guida a spostamento di peso (tecnica da 10 a 100 volte più faticosa rispetto ai comandi aerodinamici !)

Volare spostando il peso significa infatti combattere costantemente contro la gravità (che ci vorrebbe sempre appesi sotto la verticale del punto di aggancio) e, come se non bastasse, anche contro l'inerzia dell'apparecchio, specialmente nell'esecuzione di manovre sull'asse laterale. Mentre contro la forza di gravità c'è poco da fare (in realtà stiamo già trionfando contro di essa, nel momento stesso in cui voliamo), per l'inerzia molto può essere fatto, semplicemente ricordando di non rallentare eccessivamente; a dire il vero la tentazione esiste, poichè lo sfruttamento delle ascendenze prevede di volare spesso alla velocità di minima caduta, vale a dire sempre un po' lenti. Volando lentamente, come non bastassero gli aumenti di inerzia e di latenza di risposta, si percepisce maggiormente anche un altro fenomeno (più accentuato sugli apparecchi molto allungati): l'imbardata inversa (Fig. 5-23).

Lo spostamento laterale del peso determina, infatti, un maggior carico sull'ala interna; questa, oltre ad abbassarsi, accelera leggermente per qualche attimo: l'aquilone tende quindi ad imbardare nella direzione opposta a quella voluta. È evidente che la differenza di velocità che si genera tra le due ali (responsabile della imbardata inversa) farà sentire maggiormente i suoi effetti quando l'apparecchio vola a basse velocità, essendo meno rilevante a velocità via via maggiori.

Morale: specie agli inizi, teniamo sempre una velocità superiore a quella di minima caduta, per poter avere più manovrabilità (meno inerzia) e risposte più pronte (minor latenza di risposta).

ERRORI IN VIRATA E LORO RECUPERO

Se è vero che la virata coordinata si fonda su un momento cabrante "adeguato", deve essere vero che una spinta esagerata od insufficiente sulla barra determina conseguenze aerodinamiche non ottimali: la scivolata d'ala e la vite già incontrate in aerodinamica. È doveroso premettere che gli attuali deltaplani possono riprendersi autonomamente dalla scivolata d'ala (se esiste una quota sufficiente) e che non vanno molto facilmente in vite; è tuttavia indispensabile conoscere esattamente le cause di questi fenomeni e, soprattutto, le manovre necessarie per risolverli.

SCIVOLATA D'ALA


Figura 5-24. La scivolata d'ala per mancata (od insufficiente) cabrata.

Abbiamo visto che il momento cabrante ha lo scopo di riequilibrare le forze in virata e che, in sua assenza l'aquilone scivola d'ala (verso l'interno ed in basso) (Fig. 5-24). Questa scivolata sarà inizialmente debole e diverrà via via più forte se manteniamo il peso spostato senza cabrare. I piloti esperti a volte usano le scivolate controllate per perdere quota in fase di avvicinamento all'atterraggio; inutile sottolineare che questa tecnica non è molto sicura, specie vicino al suolo.

Manovre di correzione: se ci accorgiamo subito di scivolare sarà sufficiente spingere sulla barra per ottenere l'effetto cabrante; se invece la scivolata è diventata sostenuta (mostravento sul cavo anteriore posto a 45 gradi o più rispetto alla direzione della chiglia) si dovrà dapprima ristabilire la velocità orizzontale (quella di avanzamento) che inevitabilmente cala scivolando: si eserciterà dunque una trazione sulla barra e immediatamente dopo si sposterà (anche energicamente) il peso verso l'esterno per centrare l'aquilone, riprendendone il controllo.

Gli aquiloni attuali tendono a riprendere autonomamente la velocità di volo, ponendosi con il naso in basso: questo, tuttavia, richiede almeno 50-60 mt di quota e non si verifica se il pilota, caparbiamente, tiene il peso spostato lateralmente senza cabrare.

VITE


Figura 5-25. Stallo d'ala (vite) per scarsa velocità in entrata od eccessiva cabrata.

Un eccessivo cabraggio in virata porta allo stallo dell'ala interna. Questo significa che quell'ala smette di generare portanza e diviene un "peso morto"; tutta la portanza è fornita dall'ala esterna che, di conseguenza, subisce un notevole aumento del carico alare, questo la fa accelerare conducendo ad un avvitamento apparentemente inarrestabile (Fig. 5-25). Manovra di correzione: la reazione più istintiva sarebbe quella di spostare il proprio peso all'esterno della vite, nel tentativo di ristabilire l'orizzontalità dell'aquilone. Purtroppo però questa manovra non fa altro che caricare ulteriormente l'ala esterna, imprimendole un'ulteriore accelerazione, con conseguente peggioramento della vite!

La manovra da eseguire, invece, consiste nel tirare la barra, spostando ulteriormente il peso all'interno: l'apparecchio reagirà a questa manovra "abbassando il naso" all'interno della vite e riprendendo velocità su entrambe le ali. Non appena si avverte che l'ala interna ha ripreso a volare (cioè a sviluppare portanza) si potrà intervenire correggendo la direzione e, successivamente, la velocità. Una vite in quota non rappresenta dunque un pericolo (se abbiamo imparato ad uscirne), mentre lo è a bassa quota o vicino al pendio.