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I GRANDI VENTI E LE FORZE DI CORIOLIS
Il sole riscalda la terra in modo non uniforme: poco ai poli e parecchio all'equatore; inoltre, come abbiamo
visto, terra e acqua rispondono in modo differente all'insolazione. L'aria che ricopre la superficie terrestre viene
anch'essa riscaldata in modo diverso nelle diverse zone e (trattandosi di un gas) le differenze di temperatura divengono
anche differenze di pressione. Il vento si genera per la tendenza dell'aria a trasferirsi da una zona di maggior
pressione ad una di minor pressione.
Tuttavia, dal momento che la terra è in perenne rotazione, i "torrenti di aria" sulla sua superficie vengono
deviati in accordo con questa rotazione: per quanto possa sembrare strano, i venti subiscono una deviazione verso
destra nell'Emisfero Nord (detto anche Boreale) e verso sinistra nell'emisfero Sud (detto anche Australe).
Fu Coriolis ad accorgersi delle deviazioni dell'aria dovute alla rotazione terrestre, e questo fenomeno ha
preso il suo nome.
Le differenze di pressione e le forze di Coriolis, agendo insieme, provocano ampi movimenti
vorticosi; per comprendere la loro formazione può essere utile un esempio.
Immaginiamo un vaso a forma di semisfera perfetta con un foro nel fondo (Fig. 4-24); se da un bordo lasciamo cadere,
in modo assolutamente centrato, una pallina, questa finirà dritta dritta nel foro, dopo un breve percorso.
Se, invece, lasciando andare la pallina le imprimiamo anche un minimo movimento rotatorio, questa inizierà a girare
sulle pareti (aiutata anche dalla forza centrifuga che si genera) e finirà nel foro soltanto più tardi, dopo
aver percorso un tragitto anche molto lungo (gli amanti della Roulette conoscono molto bene questo effetto).
Le forze di Coriolis inducono, nelle masse d'aria, un movimento rotatorio simile a quello dell'esempio, e le masse d'aria,
anzichè fluire direttamente dalle zona di alta pressione a quelle di bassa pressione, ci si arrotolano intorno,
dando luogo ad enormi vortici: i cicloni e gli anticicloni.
CICLONI ED ANTICICLONI
Sono detti cicloni i vortici di aria che ruotano intorno ad una zona di bassa pressione tentando di
raggiungerne il centro; questo movimento è detto di convergenza ciclonica e, nel nostro emisfero, i
cicloni girano in senso antiorario.
Al contrario gli anticicloni sono gli enormi vortici di aria che ruotano intorno ad una zona di alta pressione
tentando di allontanarsene; questo movimento è detto divergenza anticiclonica e, nel nostro emisfero,
gli anticicloni girano in senso orario. Ovviamente nell'Emisfero Australe le rotazioni sono invertite.
LE ISOBARE
Ormai tutta la Terra è disseminata di stazioni di rilevamento meteo, ed è quindi semplice individuare
quotidianamente le zone nelle quali la pressione atmosferica è minima (indicate con B nelle cartine) e quelle
dove è massima (indicate con A nelle cartine). Gli spazi tra queste zone sono caratterizzati da pressioni
intermedie che, in alcuni punti risulteranno uguali fra loro: se uniamo questi punti (ad uguale pressione) tra di
loro con segni tracciati su cartine geografiche otteniamo delle linee dette isobare (iso=uguale baros=pressione).
Cartine di questo tipo (dette appunto cartine bariche) vengono pubblicate da alcuni quotidiani e danno parecchie
informazioni soprattutto sulla direzione ed intensità dei venti.
Abbiamo infatti visto come l'aria tenda a trasferirsi da zone di alta a zone di bassa pressione con movimenti rotatori
ben definiti: per conoscere la direzione dei venti prevalenti sarà sufficiente ricordare che essi scorrono
quasi paralleli alle isobare e che hanno un'intensità grossomodo proporzionale alla differenza di pressione
esistente; in pratica, se le isobare (generalmente tracciate ad intervalli di 4 mb) sono molto fitte, il vento
sarà forte, se sono diradate il vento sarà debole.
LA GENESI DEI CICLONI E DEI FRONTI
Ora che sappiamo cos'è un ciclone (ed un anticiclone) vediamo come tali enormi entità si generano;
scopriremo fra breve, infatti, che essi hanno un loro ciclo vitale di durata variabile che, proprio come il nostro, passa
attraverso differenti fasi prima di giungere alla dissoluzione.
Quando due enormi masse d'aria, aventi caratteristiche di temperatura, di pressione e di umidità differenti
(come l'aria polare e l'aria equatoriale), si incontrano, non si mescolano, come potremmo aspettarci, ma si crea,
invece, tra loro una invisibile "parete" detta superficie di discontinuità: l'aria calda resta da una
parte e quella fredda dall'altro; la intersezione della superficie di discontinuità con il suolo dà luogo
ad una linea detta fronte; (si parla, infatti, di fronteggiamento adiabatico, cioè senza scambi, delle due
masse). Poichè le due masse d'aria si spostano in direzioni opposte, la superficie di discontinuità subisce
notevoli tensioni tangenziali dovute al vento (Fig. 4-28 A).
Queste tensioni, sommate ai movimenti di origine gravitazionale, innescano delle ondulazioni che possono amplificarsi
o smorzarsi. Con una certa regolarità accade che una di queste ondulazioni, alimentata da una sufficiente
differenza nella forza e direzione dei venti, aumenta via via di ampiezza (B), fino a formare un "dente" di aria
calda che si incunea nella massa fredda; contemporaneamente si origina sulla cresta dell'onda un minimo di
pressione associato ad una convergenza ciclonica.
Successivamente il dente si approfonda ulteriormente (C) fino a che il ciclone raggiunge lo stadio della piena
maturità (D) caratterizzato dalla circolazione antioraria che abbiamo imparato a conoscere. Osservando dall'alto un
ciclone maturo vediamo dunque che la superficie di discontinuità (che ha assunto una forma a V) divide tra loro
tre masse d'aria con temperature ed umidità molto differenti; queste si inseguono reciprocamente formando due
fronti (uno per ogni braccio della V).
La prima massa d'aria è fredda ed è inseguita da una massa d'aria calda; poichè un fronte prende il
nome della massa d'aria che lo sospinge, queste due masse d'aria determinano un fronte caldo (indicato con segni
tondi sulle mappe); la massa d'aria calda, a sua volta, è inseguita da un'altra massa d'aria fredda (anzi questa
è più fredda della prima per l'azione di decompressione collegato al richiamo da parte del
centro di minima); il secondo fronte che si determina è dunque un fronte freddo. Con l'andare del tempo (che
passa anche per i cicloni) il fronte freddo insegue e raggiunge il fronte caldo: le due masse d'aria fredda che
la genesi del ciclone aveva diviso si ricongiungono e l'aria calda che si era incuneata fra di loro viene spinta
in alto dal loro stesso incontro.
Quando, al suolo, non è rimasta più aria calda, il fronte è detto Occluso (E) ed il ciclone, avendo
esaurito la sua energia, inizia a dissolversi lasciando al suo posto soltanto un vortice di aria circolante che via via
si spegne.
La stessa superficie di discontinuità che divideva le due masse d'aria iniziali ha, nel frattempo, generato altri
cicloni che, staccatisi come trottole alla deriva, si rincorrono lungo traiettorie ben definite che dipendono dalla
latitudine. Nelle nostre regioni, generalmente, tali enormi mulinelli si generano a Sud-Ovest, e vengono sospinti
verso Nord-Est durante il loro ciclo vitale.
Esaminiamo ora, in maggior dettaglio, un ciclone in fase di maturità, sezionandolo verticalmente in modo da poter
vedere meglio la forma e le caratteristiche dei suoi fronti (Figg. 4-29 e 4-30).
FRONTE CALDO
Il fronte caldo presenta una superficie di discontinuità molto inclinata, che si estende anche per diecine
di chilometri. È formata dall'aria calda che risale sulla fredda sospingendola. Le prime avvisaglie
di un fronte caldo in arrivo sono i cirri ed i cirrostrati che velano il cielo. Dopo di che il tempo evolve verso una
copertura totale con pioggia moderata ma persistente (l'aria calda, salendo, raggiunge infatti il suo punto di rugiada;
il vapore acqueo in essa contenuto, condensa e precipita). In genere i fronti caldi avanzano ad una velocità pari
al 60- 80% di quella del vento geostrofico.
FRONTE FREDDO
Più indietro, come ricordiamo, l'aria calda è a sua volta incalzata e sospinta dalla seconda massa di aria
fredda: quindi anche il fronte freddo avanza ma è caratterizzato da una superficie di discontinuità
che si differenzia da quella del fronte caldo per la presenza di una bombatura nei primi 1500-2000 metri dal suolo.
In questo caso è la massa d'aria fredda che "preme" e che scalza, sospingendola in avanti e verso l'alto,
l'aria calda che incontra. Si formano allora possenti correnti verticali (purtroppo quasi sempre associate
a manifestazioni temporalesche), che gli aliantisti sfruttano come inesauribile fonte di energia. Nei rari
casi in cui il fronte sia privo di nubi e di precipitazioni, può essere sfruttato anche dai piloti di Volo
Libero ma (date la bassa velocità e le scarse possibilità di fuga), è comunque necessario
sorvegliare la eventuale comparsa di formazioni nuvolose che possono degenerare (C. congestus o nimbus).
L'arrivo di un fronte freddo può essere improvviso e pericoloso; esiste tuttavia un segnale percepibile dal
pilota attento: prima di un fronte freddo si verifica sempre una rapida diminuzione della pressione atmosferica e
l'entità del calo può anticipare le dimensioni del fenomeno in arrivo.
FRONTE OCCLUSO
Abbiamo visto che, nella fase finale della vita del ciclone, i due fronti possono raggiungersi generando un fronte
occluso: in questo caso la massa di aria calda, originariamente compresa tra le due fredde, viene completamente
sollevata dal suolo e, raffreddandosi in modo adiabatico, genera precipitazioni ed ampie coperture di scarso interesse
per il volo.
VELOCITÀ DEI FRONTI
La velocità di avanzamento di un fronte (caldo o freddo che sia) varia anche notevolmente: in alcuni casi,
fortunatamente rari, esso può sopraggiungere così rapidamente da sorprendere chi si fonda soltanto
sull'ispezione visiva del cielo; per questa ragione le principali zone di volo hanno costanti collegamenti radio con
centri meteorologici, piccoli aereoporti o, comunque, con strutture in grado di effettuare previsioni a breve termine
molto attendibili.
Quando, invece, le masse a diversa temperatura hanno pressioni molto simili, i fronti tendono a rimanere localizzati
più a lungo in uno stesso luogo e vengono detti fronti stazionari: pioggia e vento abbassano molto il
nostro interesse per questo tipo di condizione meteorologica.
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