Capitolo 6 - IL VOLO CON IL PARAPENDIO

GLI ASSETTI INUSUALI 1

LE CHIUSURE E GLI ASSETTI INUSUALI

Le "chiusure" hanno sempre rappresentato una fonte di vivissima preoccupazione per chi si avvicina al volo col parapendio e, in effetti, lo stesso termine contrasta ed annulla quello molto più rassicurante di "paracadute" da cui "parapendio" evidentemente deriva. D'altro canto vi possono essere situazioni nelle quali si desidera aumentare il tasso di discesa: "chiudere" una parte della vela (in modo da ridurre la superficie portante) è un metodo che, dal punto di vista aerodinamico, non fa una grinza.

Col passare degli anni, col miglioramento progettuale delle vele ed assecondando il desiderio tipicamente umano di andare sempre un pò più in là, si è progressivamente ampliata la base di conoscenze su assetti di volo che possono senz'altro essere definiti "inusuali" e che sono, oggi, classificati in modo abbastanza preciso.

La chiara conoscenza, almeno teorica, di come si generano e di come possono essere prevenuti o risolti, costituisce un importante bagaglio di sicurezza per il pilota, sempre che non divenga, paradossalmente, uno stimolo a sopravvalutare le proprie possibilità ed a sottovalutare i rischi che derivano dal prendere "alla leggera" queste situazioni. Molti di tali assetti sono già stati superficialmente esaminati parlando degli errori nel controllo dell'incidenza e degli errori in virata; alcuni di essi, ed altri, possono però presentarsi anche "spontaneamente" in condizioni particolarmente turbolente (cioè quando l'errore compiuto non riguarda il pilotaggio ma la valutazione delle condizioni meteo in relazione alle proprie possibilità ed alla propria ala).

Vale dunque la pena di riesaminarli in modo più organico ed approfondito, premettendo alcuni punti fondamentali:
  • La ricerca e l'esecuzione in volo di tali assetti sono un rischio puro (non controbilanciato, cioè, da importanti vantaggi), a meno che non vengano attuate nell'ambito di un corso organico di Sicurezza In Volo (SIV per gli addetti ai lavori), tenuto da istruttori qualificati ed esperti su questo tema. La serietà di un simile corso sarà anche deducibile dalle misure di sicurezza adottate (che debbono tassativamente comprendere un ampio specchio d'acqua sul quale fare le manovre, nonchè una barca attrezzata per l'eventuale recupero).
  • Il paracadute di emergenza deve essere in piena efficienza (in realtà un corso SIV dovrebbe comprendere una prova pratica di impiego, prova che può rendersi prematuramente necessaria da errori compiuti durante i voli test).
  • Poichè i comportamenti in volo, specie durante anomale sollecitazioni, variano anche notevolmente da parapendio a parapendio, non è lecito ritenere di saper eseguire una manovra indipendentemente dall'apparecchio utilizzato.
In effetti il principale obbiettivo di un corso SIV è quello di farci meglio comprendere gli effettivi limiti operativi del nostro mezzo: quando il mezzo cambia le prove di volo dovrebbero essere ripetute, sempre adottando le misure di sicurezza sopra citate.

UNA REAZIONE AERODINAMICA "COSTANTE"

Come vedremo, all'uscita da una chiusura o da un assetto inusuale corrisponde, nella maggior parte dei casi, una evidente tendenza della vela ad acquisire improvvisamente una forte velocità orizzontale; questo fatto deve essere opportunamente previsto e controllato, frenando.

La spiegazione aerodinamica è, questa volta, piuttosto semplice ed intuibile: quando l'ala riduce (od addirittura annulla) la propria portanza, la velocità verticale aumenta notevolmente. Non appena l'ala assume nuovamente l'assetto di volo, essa si trova improvvisamente "caricata" dal peso del pilota, moltiplicato dalla velocità verticale acquisita. Il profilo alare, nuovamente efficiente, reagisce all'aumento di carico nell'unico modo che l'aerodinamica gli consente: con un rapido aumento della velocità orizzontale (tendendo a schizzare in avanti).

Il pilota, tuttavia, dopo aver trasferito la sua velocità verticale alla vela, è ancora piuttosto fermo in senso orizzontale: l'ala incontra dunque nello stesso pilota un ostacolo all'avanzamento e, facendo perno su di esso, si abbassa rapidamente davanti a lui (nei casi più estremi il pilota può addirittura "cadere dentro" alla stessa vela, con evidenti problemi nell'azionare il paracadute d'emergenza).

Se la ripresa del volo, sempre partendo da una elevata velocità verticale, non avviene in modo simmetrico, soltanto una parte della vela riprende a volare, trovandosi a sopportare un carico ancora maggiore: la reazione di quella parte di vela si tradurrà, ancora una volta, in un rapido avanzamento della semiala che può innescare collassi di vario genere.

Morale: all'uscita da una chiusura o da un assetto inusuale è estremamente importante esser pronti a controllare l'impennata di velocità e le sue eventuali asimmetrie, agendo per tempo sui freni, fino al ripristino di un assetto di volo rettilineo e simmetrico. Ogni manovra di questo tipo comporta una notevole sollecitazione alla struttura.

UNA COSA DA TENERE A MENTE

Si vedono, a volte, allievi che "pompano" la vela sbattendo velocemente le braccia (che impugnano i freni) in su ed in giù, quasi ad imitare il volo del fringuello. Se vi capita di assistere ad un simile spettacolo, osservate il bordo di uscita: noterete che la convulsa manovra non produce alcun effetto visibile e questo perchè l'agitato pilota scorda l'inerzia legata alla trasmissione dei comandi. Dopo aver trazionato un freno (per qualsiasi motivo) è necessario attendere almeno un secondo (o più) perchè la vela si accorga del comando (in altri termini perchè lo "registri").

Per questo il freno può (ed in alcuni casi, come vedremo, deve) essere trazionato fino in fondo, ma sempre in modo progressivo e mai scompostamente o troppo celermente.

SMALTIMENTO DI QUOTA

Consideriamo dapprima alcune condizioni decisamente "artificiali" (che non si possono generare spontaneamente): la spirale picchiata, le orecchie e lo stallo "B"; si tratta di manovre che, per quanto non standard, offrono il vantaggio di aumentare il tasso di discesa senza esporre a rischi eccessivi (specie le prime due).

SPIRALE PICCHIATA

Considerazioni generali. Con i primi parapendio la spirale picchiata veniva utilizzata come sistema di discesa rapida in condizioni di ascendenza; oggi con apparecchi costruiti per girare limitando al minimo la perdita di quota, tale configurazione non è di certo la più adatta a raggiungere lo scopo.

Infatti le attuali prestazioni dei mezzi consentono una discesa rapida in spirale picchiata solo per valori molto alti di rollio e quindi sottoponendo la struttura ad un notevole sforzo ed il pilota ad altrettanto stress.

Considerazioni aerodinamiche. In spirale picchiata stabilizzata il carico alare e, di conseguenza, il fattore di carico, aumentano proporzionalmente all'aumentare dell'angolo di rollio. È chiaro che all'aumentare dell'angolo di rollio aumenta la forza centrifuga e quindi, di fatto, il peso totale, con conseguente aumento di tutte le velocità, sia quella di stallo che quella massima.

Ad angoli di rollio elevati si possono raggiungere, col parapendio, 3.5-4 G, valori inferiori ai limiti massimi di carico per un apparecchio nuovo, ma di tutto rispetto se si pensa che la soglia dell'oscuramento della vista inizia, nelle accelerazioni di tipo positivo, proprio a 4 G.

Induzione. Abbassare in modo graduale un freno inducendo una rotazione via via più veloce ed un rollio sempre maggiore; è necessario avere la pazienza di attendere la risposta dell'ala, che deve sempre mantenere una buona velocità (il rischio, ovviamente, è quello uno stallo d'ala).

Per facilitare l'innesco della spirale picchiata è consigliabile portare il peso del corpo all'interno della virata, tenendo conto dell'eventuale azione degli incroci sulla selletta; è anche possibile eseguire l'ingresso dopo alcune inversioni di rollio che accelerano il raggiungimento dell'inclinazione e della velocità necessarie.

Manovra di recupero. Così come nell'induzione, anche in uscita il comando deve essere rilasciato gradualmente, affinchè non si generino brusche derapate dell'ala.

Quando il sistema ha sfogato tutta la sua energia cinetica l'ala si troverà in una condizione vicina allo stallo dinamico, in relazione dell'angolo di rollio raggiunto. Essendo la ripresa caratterizzata da una picchiata dell'ala, il pilota dovrà esser pronto a frenarla, smorzando le oscillazioni.

Errori o rischi. Un affondo troppo deciso ed eccessivo del comando può provocare l'entrata dell'ala in vite piatta negativa; rollio e forza centrifuga devono svilupparsi gradualmente perchè l'ala possa mantenere, anche nella parte più interna della curva, una velocità superiore a quella di stallo. Un rilascio troppo brusco determina una derapata dell'ala molto marcata e la condizione di stallo dinamico viene raggiunta quando il pilota non ha ancora smaltito tutta la forza centrifuga: il probabile risultato è un collasso asimmetrico.

ORECCHIE (Chiusura bilaterale controllata)


Figura 6-27. Le "orecchie" consentono un rapido smaltimento di quota in una configurazione relativamente stabile.

Considerazioni generali. È la contemporanea chiusura del bordo di attacco delle due estremità alari: si tratta di un metodo di discesa rapida (3-5 m/s) ampiamente utilizzato sulle ali allungate, poichè consente un discreto controllo dell'entità della chiusura e, quindi, della velocità di discesa, permettendo anche un minimo di manovrabilità. Anche l'uscita, se simmetrica, è poco traumatica e questo spiega la notevole diffusione della manovra.

Considerazioni aerodinamiche. La manovra determina una riduzione della superficie alare, "eliminando" temporaneamente dal gioco le due estremità: sulla parte restante grava l'intero carico ed aumentano, quindi, tutte le velocità (compresa quella di stallo!). Inoltre le modificazioni di forma dell'apparecchio ne riducono l'efficenza, aumentando ulteriormente la componente di discesa verticale rispetto all'avanzamento. L'azionamento dell'acceleratore consente di incrementare ulteriormente il tasso di discesa (fino a 8/10 m/s).

Induzione. Si tratta di far collassare, contemporaneamente, le due estremità alari richiamando verso il basso la corrispondente porzione del bordo d'attacco. In genere è sufficiente trazionare verso il basso un solo cordino per lato: quello che, partendo dalla bretella anteriore, raggiunge il bordo di attacco nella parte più esterna della vela. La manovra viene effettuata partendo dalla posizione di massima velocità (freni allentati, ma sempre impugnati) e non pone particolari problemi (i cordini sottili tagliano... quindi attenti se volate a mani nude).

La direzione di un parapendio con le "orecchie" può essere controllata dal pilota attraverso lo spostamento del proprio peso (dalla parte verso cui si desidera virare), ovviamente in modo meno rapido e preciso di quanto avviene, nel volo normale, utilizzando i freni.

Manovra di recupero. Lasciando andare i cordini prima trazionati potremo constatare se la nostra vela appartiene alla categoria di quelle che si riaprono spontaneamente dopo questa manovra, oppure se è una vela che "tiene le orecchie". Nel secondo caso sarà necessario affondare dolcemente qualche volta i freni, fino alla completa riapertura.

Errori o rischi. Una trazione asimmetrica condurrà ad una chiusura laterale (collasso asimmetrico - vedi); se la trazione si trasmette ad altri cevetti anteriori (ad esempio afferrando il cavetto centrale troppo in basso, vicino al moschettone) si può verificare una chiusura completa del bordo di attacco (collasso frontale - vedi), condizione decisamente più difficile da gestire.

STALLO "B"

Considerazioni generali. Lo stallo "B" prende il nome dalle bretelle intermedie (le "B", appunto) che bisogna trazionare per effettuarlo, ed ha in comune con lo stallo il drastico abbassamento, fino all'annullamento, della portanza (che consegue alla "distruzione" del profilo alare).

È un metodo molto efficace di discesa rapida e riveste dunque notevole importanza per la sicurezza (quando, per pericolo o necessità, si debba smaltire quota rapidamente); si tratta di un assetto che richiede l'intervento del pilota (non può verificarsi spontaneamente) e che, se male eseguito, può generare situazioni anche molto critiche.

Considerazioni aerodinamiche. Si tratta di una deformazione progressiva del profilo alare fino ad una sua scomparsa (quando il profilo stesso assume la forma di V, certamente non ha più niente di "alare"). Le prestazioni aerodinamiche calano di pari passo fino ad annullarsi: in queste condizioni il tasso di discesa si assesta sui 7-8 m/s in assenza di avanzamento. L'esecuzione dello stallo "B" e l'uscita da esso determina notevoli sollecitazioni alla struttura.

Induzione. Alzare le mani, mantenendo (ovviamente) l'impugnatura dei freni, fino ad afferrare le bretelle "B" (se possibile, infilare le dita tra le funi subito sopra i moschettoni, per poter garantire una manovra simmetrica), ed esercitare una progressiva trazione verso il basso. Poichè la posizione di partenza comporta una elevata velocità orizzontale (freni alzati), è importante esercitare la trazione gradualmente, permettendo una riduzione della velocità e, conseguentemente, riducendo al minimo il pendolamento di beccheggio dovuto all'inerzia del pilota.

La rottura completa del profilo alare coincide con un arresto (in senso orizzontale) dell'ala, che viene percepito dal pilota come una "caduta all'indietro". È importante mantenere la trazione sulle "B" fino ad una discesa stabilizzata; entro certi limiti, più si tirano in basso le "B", più la velocità verticale aumenta (dal momento che la superficie proiettata si riduce).

Manovra di recupero. L'uscita dall'assetto si effettua, quando si è ancora ad una quota di sicurezza, rilasciando simmetricamente e con decisione (specie nell'ultimo tratto) le bretelle, senza mai abbandonarle per evitare riprese al volo in modo asimmetrico. Come sopra accennato, l'ala reagisce al ripristino del profilo alare con un rapido avanzamento, che dovrà essere opportunamente contrastato dall'azione sui freni.

Errori o rischi. Il rilascio troppo lento delle "B" (specie nell'ultimo tratto) può causare l'entrata in stallo paracadutale stabile (vedi). Il rilascio troppo brusco od asimmetrico, può causare una rapida autorotazione dell'ala che a volte può tradursi in vite piatta negativa (vedi).

La "stabilità" dello stallo "B" è garantita dal mantenimento di un profilo a V lungo tutta l'ala: se la "cresta" centrale si rompe (eccessivo allargamento delle braccia) il bordo d'attacco può ripiegarsi in basso e si verifica un collasso simmetrico (vedi).