| 16 Note informative sul deltaplano e sulle ali rigide
Il biposto
Nell’istruzione al volo con il deltaplano non è possibile utilizzando il biposto riprodurre esattamente le condizioni di volo del monoposto. Nel biposto normale, con decollo dal pendio, la posizione affiancata delle persone implica una differenza nella gestione del rollio in volo. La differenza di peso tra le due persone genera un ulteriore anomalia nella condotta del mezzo, tanto più evidente se l’allievo è più leggero, e tipicamente meno forte, dell’istruttore. L’istruttore deve quindi "barare" durante il volo, mettere cioè l’allievo nella condizione di pilotare in modo equilibrato anche se così di fatto non è. Un grosso vantaggio deriva dalla possibilità di utilizzare gli imbrachi sovrapposti, purtroppo questi sono impiegabili solo nei voli effettuati al traino di un ultraleggero o del verricello, per l’impossibilità di correre sul pendio. Una nota deve essere fatta per queste attività, soprattutto per il verricello: Gli sforzi aerodinamici del traino sono notevolmente maggiori di quelli in volo libero, e nell’utilizzo quotidiano in queste condizioni occorre controllare le strutture del delta ed eventualmente rinforzare i punti a rischio.
Il delta per l’allievo
Per i motivi esposti a proposito del biposto didattico, il primo volo da solista di un allievo costituisce un evento del tutto nuovo per lui e di grande apprensione per l’istruttore. La risposta dei comandi, seppure simile al biposto è di fatto diversa, e la tensione emotiva ovviamente qui presente, costituisce un elemento disturbatore dell’autocontrollo di ogni allievo. Proprio l’autocontrollo è l’elemento su cui far leva per tranquillizzare il pilota che, una volta decollato, constatata diversi sforzi e diverse reazioni (normalmente più piacevoli), con cui in pochi istanti capisce che il delta monoposto vola ed è autostabile come il biposto. Per rendere sicuri e tranquilli i primi voli, occorre che il delta utilizzato abbia una autostabilità molto evidente e che addirittura sia "duro" da far muovere dalla sua condizione di trim. Questo perché gli sforzi anomali che la tensione dell’allievo può far scaricare sul trapezio, devono essere poco influenti nella condotta di volo, lasciando alle ampie manovre di correzione della rotta eseguite nel modo più classico e teorizzato possibile, la direzionalità del mezzo: presa di velocità, spostamento del peso, adeguamento della velocità in virata, ecc. Tutta la manovra deve essere gestibile anche con correzioni intermedie senza che una presa di velocità eccessiva, soprattutto velocità angolare in virata, possa far perdere l’equilibrio e la sicurezza al neo pilota. Non dimentichiamo che la nostra personale esperienza e la nostra abitudine a macchine di maggiori prestazioni ci inganna nella sensibilità che presupponiamo nell’allievo. Occorre a mio avviso che l’istruttore riprovi ogni tanto un delta scuola in un volo alto, per rendersi conto delle velocità e delle reazioni del mezzo. Se lo troveremo duro e inerte, pensiamo che negli anni di maggior sviluppo del deltaplano, si conducevano i primi voli con mezzi che erano molto più stabili e duri. A chi non ci crede per il tanto tempo trascorso e la memoria un po’ perduta, potrebbe essere "didattico" riprovare uno di quei mezzi con la sensibilità che abbiamo oggi: ne vedrete delle belle! Il delta da scuola non deve ovviamente essere manomesso dalle condizioni in cui viene consegnato dal fabbricante. Come non si può prescindere dal dotare l’allievo del paracadute fin dal primo volo, così non possono essere concessi "sconti" come rimozione arbitraria di tips, strutture menomate o poco curate, con la scusa che tanto non vola in turbolenza ma solo in un tranquilla planata. Apro qui una piccola parentesi per il problema che oggi si è creato nella difficoltà di avere delta scuola di tipo superfacile e superstabile. Tutte le maggiori case costruttrici si stanno volgendo alla costruzione di delta "intermedi" con maggiori prestazioni e maggiore piacevolezza di manovra (e maggiori costi). La piacevolezza la apprezzano però i piloti esperti e non sappiamo ancora esattamente se questa ricerca di prestazioni non comprometta quel "perdono degli errori" che tante volte è stato necessario per risolvere in una risata un atterraggio non proprio ortodosso. Meglio prevedere i vecchi tre passaggi (scuola-intermedio-doppia superficie) per giungere al pilotaggio di delta con prestazioni, che voler unificare le prime due tappe con il risultato di non rendere piacevole la prima fase dell’apprendimento. Sono convinto che se avessimo dei delta facili da gestire come i parapendio, anche a scapito di un po’ di prestazioni, avvicineremmo molte più persone al volo con questo mezzo che continua ad essere fantastico per semplicità, costruzione e prestazioni.
Effetti della geometria variabile
Nei deltaplani ad ala flessibile è da moltissimi anni stato adottato su molti modelli un sistema di Geometria Variabile o Overdrive. Questo è un sistema per variare in volo la tensione sul crossbar flottante ai fini di aumentare l’angolo di naso (diminuire la freccia dell’ala) e tendere maggiormente la vela con effetto sulla tensione delle stecche e del bordo di uscita dell’ala. La regolazione della GV è critica solamente se si eccede, lasciando la vela troppo lasca o troppo tesa. Sui delta con la tasca della chiglia la variazione era notevolissima, oggi che la vela è quasi completamente bloccata sulla chiglia la variazione di tensione generata dalla GV è minore, ma pur sempre tanto importante da richiedere spesso un adeguamento di altri elementi della struttura. Per superare i test di omologazione, molti deltaplani con la torre dotati di GV dovevano essere dotati di un compensatore degli antidrappo. Questo meccanismo realizzato in diversi modi più o meno semplici allungava gli antidrappo con la vela tesa e li tendeva con la vela floscia mantenendo costante l’autostabilità nelle diverse configurazioni. Purtroppo come ogni meccanismo anche questo è una complicazione e spesso viene smontato o addirittura non installato seppure l’omologazione lo richiederebbe. Nei delta senza torre un certo automatismo di questo tipo esiste a seguito dello spostamento del crossbar tendendo la GV e modificando quindi il punto di appoggio dello sprog sul crossbar stesso e di conseguenza la sua angolazione. Il valore di questo spostamento è però minimo e quindi far variare proporzionalmente l’altezza dello sprog sul bordo d’uscita della vela non è così facile Il cambio dell’angolo di naso costituisce una variazione importante nella geometria dell’ala poiché abbiamo già visto che la stessa genera portanza diversa nella sua parte centrale (vicino al naso) ed all’estremità alare in base alle diverse incidenze. Allargare l’angolo di naso significa anche modificare le distanze di ogni sezione della vela dal baricentro e quindi spostare il centro di pressione rispetto ad esso. La disposizione delle stecche nella vela e la tensione dovuta al tipo di tessuto e di cuciture, può far variare lo svergolamento dell’ala in modo diverso al centro o all’estremità dell’ala variando la posizione della GV. Un delta può quindi diventare più "picchiato" o più "cabrato" in base alla posizione della GV.
Gli stecconi d’estremità alare
Una segnalazione di sicurezza riguarda tutti i delta con gli stecconi di estremità alare in fibra di vetro. E’ stato constatato che l’esposizione al sole o il lavoro per molte ore in posizione flessa, può determinare uno snervamento delle fibre, per cui lo steccone rimane storto anche quando smontato dalla vela. Il problema in volo può generarsi quando questa flessione non viene ad essere speculare sulle due ali in volo, cioè quando lo steccone piegato sia montato in una posizione diversa da quella che ha originato la flessione e soprattutto se in modo diverso tra ala destra e ala sinistra cambiandone gli svergolamenti di estremità. L’inconveniente che ne deriva è una fortissima tendenza ad imbardare e virare, che in fase di decollo potrebbe costituire un grande pericolo. In volo la sua azione può normalmente essere contrastata efficacemente, anche se il delta diviene fortemente asimmetrico nelle reazioni. Gli stecconi in carbonio non hanno questo problema, ma costano di più ed a volte sono più fragili se sottoposti a movimenti anomali in fase di montaggio o in caso di atterraggio "pesante".
Ali rigide
Nell’ala rigida lo svergolamento è realizzato con l’impiego di profili adiacenti diversi, che nell’insieme danno luogo alla struttura alare. La forma delle centine unita e quella del bordo d’attacco riproducono sezione per sezione il profilo prescelto. Gli stessi costruttori forniscono serie di centine diverse per ottenere diverse regolazioni e diversi comportamenti del mezzo. Il grosso problema è che le certificazioni, quando sono fatte, sono basate su un solo set di centine, e le modifiche "corsaiole" sono in massima parte al di fuori delle omologazioni, basate più su prove empiriche e calcoli teorici che non su oggettive prove intese a garantire la stabilità del mezzo. Non parliamo poi di modifiche effettuate senza alcuna forma di controllo da parte dei costruttori ufficiali. Oggi non è difficile trovare qualcuno in grado di lavorare il carbonio o altre fibre leggere e far realizzare centine più performanti ma meno sicure. Chi si espone a questi rischi deve valutare il potenziale danno a se stesso ed allo sport in caso di incidenti. Nelle ali rigide esiste un dispositivo di FLAP. La parte del bordo di uscita dell’ala vicina alla chiglia può essere abbassata per variare in modo consistente la curvatura del profilo in quella zona. Questo consente di avere un profilo concavo convesso molto più incurvato, un profilo cioè con una spiccata tendenza a migliorare le prestazioni ad elevati angoli di attacco e basse velocità. All’uscita delle prime ali rigide si diceva che questi mezzi essenzialmente votati alla velocità diventavano, abbassando i flap, simili ai parapendio e consentivano di "girare" le termiche così lentamente da poter sfruttare anche quelle più piccole. Ovviamente come tutte le esagerazioni anche questa è rientrata col tempo nei canoni più normali, ma sicuramente se vogliamo volare più lenti possiamo approfittare di questi flap dosandone l’apertura. Quale è il momento in cui maggiormente desideriamo volare lenti? Sicuramente quando siamo in prossimità di contatto col terreno. In decollo ed atterraggio avere un mezzo più lento ci consente di dominare meglio la situazione, dilatando i tempi in cui si possono eseguire correzioni di traiettoria. Inoltre il flap, aperto oltre certe angolazioni, deformando notevolmente il profilo agisce anche da aerofreno e ci consente di diminuire l’efficienza della nostra ala. Per questo le ali rigide riescono ad atterrare come e forse meglio dei deltaplani senza torre in spazi ridotti.
Poter volare ad alte incidenze e poter sfruttare l’effetto frenante del flap togliendo efficienza a buona parte del profilo della nostra ala, ci consente avvicinamenti più ripidi e "effetto suolo " ridotto. La forma, la dimensione, il movimento del flap sono però importantissimi per determinare la stabilità del nostro mezzo in tutte le possibili configurazioni da 0° al massimo consentito. Il flap ha una forma in pianta triangolare con una rastrematura della parte esterna che deve essere attentamente calibrata per modificare il profilo solamente dove serve e dove è possibile (maggiormente alla radice dell’ala). La variazione del profilo al centro dell’ala è notevolissimo e la configurazione di volo cambia totalmente poiché un simile profilo non aumenta solamente la portanza generata, ma sposta sicuramente anche il centro di pressione di quel tratto di ala. L’ala nel suo complesso può quindi avere dei comportamenti completamente diversi. La posizione relativa del centro di spinta, del baricentro e dell’asse di rotazione, potrebbe divenire critica con determinate caratteristiche di centraggio, (posizione del baricentro rispetto alla corda media dell’ala), sino al punto di dotare il mezzo di instabilità in beccheggio. Ad esempio può diventare più "picchiata" favorendo la presa di velocità, inibendo automaticamente la naturale tendenza ad alzare il naso per conseguenza della maggior portanza sviluppata nella zona a profilo più inarcato. Ora proviamo ad immaginare che il costruttore dell’ala abbia effettuato tutte le sue misurazioni teoriche e poi pratiche sul comportamento della stessa con i flap alle varie angolazioni. La risposta dell’azione derivante dal flap sarà comunque legata allo svergolamento dell’ala nel suo complesso. Cosa succederà quindi se arbitrariamente varieremo lo svergolamento con centine diverse, senza poter analizzare preventivamente o sperimentalmente in sicurezza le reazioni all’azionamento del flap? Un’ala diversamente svergolata potrà reagire in modo completamente diverso alla medesima azione del flap, ed al limite diventare pericolosa o divergente. Quanto sopra descritto rende le caratteristiche del mezzo assolutamente indeterminabili, quindi il mezzo stesso estremamente pericoloso.
Il palettone o piano di coda
Ha fatto la sua comparsa sui delta flessibili senza torre quando, alla ricerca di prestazioni maggiori abbassando gli sprog, li si è resi poco stabili sull’asse di beccheggio fino a far accadere diversi incidenti. Il palettone agisce sul delta senza torre come un freno aerodinamico ai piccoli angoli di incidenza e soprattutto in opposizione ad una brusca rotazione in avanti proprio sull’asse di beccheggio (innesco del tumbling). Poiché ad alti angoli di incidenza potrebbe farsi sentire invece l’azione di aerofreno con una forza a picchiare, questi piani di coda vengono incernierati nella loro parte anteriore. In questo modo gli si consente di sollevarsi disponendosi automaticamente nel flusso del vento relativo ad alti angoli di incidenza evitando l’effetto picchiante, e di appoggiarsi invece alla chiglia quando necessita avere il massimo effetto cabrante. Nell’ala rigida il palettone è invece normalmente utilizzato fissandolo completamente senza cerniere, poiché assolve ad un altro compito specifico. L’ala rigida ha un comando di beccheggio a spostamento di peso ed un comando di rollio aerodinamico. Questo comando del rollio costituito nella quasi totalità dei mezzi da "spoilers" o diruttori sopra all’ala, è tanto più efficace quanto più l’ala vola veloce. A basse velocità ed alti angoli di attacco sappiamo come possano verificarsi fenomeni di stallo che, se interessano la zona dei comandi aerodinamici ne determinano la completa inefficacia. L’ala infatti potrebbe continuare a volare in quella situazione ma essere priva della possibilità di controllo. Facendo stallare una delle estremità alari è assai facile innescare una vite, e lo stallo è tanto più probabile e violento se si è ridotto lo svergolamento. La rimessa dalla vite di questi mezzi, non può contare come nel delta flessibile sulla componente di stabilità pendolare, poiché abbiamo visto come sia ininfluente nel controllo del rollio, e neppure può contare su una deformazione della vela che è centinata e non solo steccata nell’estradosso. Serve quindi un elemento che, come sugli alianti, faccia inclinare la prua verso il basso e faccia acquisire velocità a sufficienza per rimettere in volo l’ala. Tenuto anche conto che l’uscita dalla vite dovrebbe poter avvenire con il preventivo arresto della rotazione. Ecco la necessità di installare un piano di coda che non possa essere sollevato dal flusso del vento relativo ma, se il delta scende in una vite "piatta" che abbia una inclinazione fissa rispetto alla chiglia in grado di generare un momento picchiante che faciliti l’uscita da una situazione molto pericolosa. E’ poi cosa accertata che la presenza del piano di coda rende il volo di queste ali, molto meno instabile sul beccheggio, ed un po’ più piacevole in quanto capace di smorzare le oscillazioni continuamente innescate dai movimenti delle masse d’aria che attraversiamo. Il calettamento del piano di coda (inclinazione rispetto alla chiglia) deve essere provato per valutare anche in questo caso a quale angolo di incidenza (quale velocità di volo per un volo librato) debba offrire la minima resistenza al flusso d’aria.
Comandi aerodinamici di rollio sulle ali rigide
Solo due parole sui mezzi che hanno un’ala rigida con comando aerodinamico tipo alettone. Questo comando è costituito dall’insieme di alettoni e diruttori che lavorano in concomitanza. È questo un sistema teoricamente molto più efficace, utilizzato sugli aeroplani in volo a velocità basse (<600 Km/h). L’alettone consente di modificare ancora una volta il profilo alare cambiandone la curvatura e, lavorando in modo opposto tra le due ali, incrementa la portanza su quella esterna alla virata e la riduce su quella interna. Il diruttore che agisce in concomitanza con l’alettone dell’ala interna, contribuisce a: ridurne la portanza ed a ridurne la velocità onde evitare fenomeni di imbardata inversa. Questo comportamento anomalo deriva da un effetto aerodinamico secondario che è tipico dei mezzi tutt’ala come il deltaplano, privi di timoneria di direzione Ovviamente questo sistema pur se efficace, è passibile di penalizzare il rendimento dell’ala un po’ come avviene in mezzi dotati di timoneria direzionale. Un ‘ultima nota riguarda la fragilità di questi diruttori che, così posti all’estremità dell’ala, facilmente urtano il terreno in decollo ed atterraggio deformandosi. Con diruttori deformati si ottiene un loro movimento anomalo con grave degrado delle caratteristiche di volo del mezzo.
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