| 4 I materiali di cui è composto un parapendio
Premessa
Il parapendio ideale è composto di un insieme di numerosi pezzi costituiti di materiale differente assemblati ciascuno in maniera opportuna e molto resistente tra loro così come il progetto richiede e scelti in funzione delle esigenze meccaniche specifiche. Ma questo parapendio, come detto è allo stato attuale dell’arte solamente ideale. Perché? Ma semplicemente per ragioni di costo, per ragioni di complessità costruttiva che necessariamente comporta possibilità di imprecisioni ed errori, nonché difficoltà di gestione di stock di una grande quantità di materie prime. Il costruttore cerca di ridurre il peso dell’ala dal momento che il suo peso comporta una determinata inerzia nei pendolamenti, negli abbattimenti in avanti, ecc. Per ridurre al minimo gli effetti di tale inerzia si scelgono tessuti il cui peso sia minimo pur tenendo conto della necessaria resistenza che comunque devono garantire e del minor invecchiamento possibile nell’uso e nel tempo. L’architettura del parapendio dovrà infatti sempre tener più in conto tali parametri. Le caratteristiche strutturali di un pannello dell’intradosso sono sostanzialmente diverse da quelle che invece devono esser proprie di un bordo d’attacco, delle centine o di altre parti essenziali della vela. Così si possono effettuare scelte che portano all’impiego di materiali differenti e più leggeri per la costruzione dell’intradosso che può essere altresì più morbido, così come all’impiego di materiali di maggior grammatura, più robusti e rigidi per la struttura dei bordi d’attacco, delle centine e dell’estradosso. Lo stesso vale per il fascio funicolare. Il compromesso è all’ordine del giorno: si ricerca materiale dotato comunque di una certa elasticità (proprio così!!!) allo scopo di poter assorbire determinati shock cui è sottoposto, ma una stabilità in termini dimensionali è imperativa per non alterare angoli di calettamento di giorno in giorno più precisi. Ma le due cose, come è facile intuire, sono pressoché incompatibili!! E’ necessario scendere a compromessi. Inoltre il diametro dei cordini influenza non poco la resistenza aerodinamica dell’ala e quindi nonostante tutto si è tentati di utilizzare cordini sempre più sottili.
4.1 I tessuti
I tessuti sono composti da fili. Intrecciati in una proporzione tra trama ed ordito variabile, in funzione dell’utilizzo che si vorrà fare del tessuto stesso. Il tessuto è poi cosparso di un apposito velo di resina e poi passato tra appositi rulli. In questo modo si ottiene un prodotto calibrato con spessore costante. Inoltre il trattamento di cui sopra fornisce al materiale maggiore rigidità, minore elasticità e deformabilità, minore porosità. A volte viene applicato uno strato di sostanza siliconica che dà al tessuto un aspetto brillante e migliora la sua tenuta stagna, almeno quando è nuovo. Un tessuto a porosità zero sarebbe l’ideale, ma rimane un obiettivo non raggiunto. Comunque le scelte dei costruttori si orientano principalmente con attenzione maggiore alle qualità anelastiche del tessuto che non a quelle di scarsa o nulla porosità. Il Mylar, degno rappresentante dei tessuti a porosità zero, ha vissuto i suoi bei tempi ma oggi è caduto in totale disuso per la sua troppa rigidità, per il suo peso specifico molto alto, per la sua scarsa attitudine ad essere piegato, e perché no forse anche perché è passato di moda. Ancora rimane in scena ma solo per costituire il rinforzo di certe parti del bordo d’attacco che sono più soggette a determinate sollecitazioni.
4.2 La porosità
Il flusso attraverso i pori del tessuto è risibile se paragonato al flusso d’aria sull’estradosso calcolato nell’unità di tempo.
Il rapporto calcolato con formule ingegneristiche molto accurate, studiate dalla coppia di supertecnici DARLET-DEMOURY (entrambi posseggono titoli accademici per i loro studi sulla dinamica dei fluidi), è di 500 litri al secondo dovuti alla porosità del tessuto contro i
150.000 litri al secondo dovuti alla depressione aerodinamica (con ovvio riferimento ad unità di superficie coerenti e per un valore medio dello spessore del fluido in scorrimento sull’estradosso di un’ala).
Ed allora avviene che proprio lo scorrimento sulle superfici alari è la causa del degrado della porosità in quanto l’attrito esercitato dall’aria via via erode la spalmatura di resine di cui il tessuto è dotato.
Tale erosione consente allo stesso tessuto di subire delle deformazioni geometriche anche a carattere permanente che sostanzialmente degradano alla fine le prestazioni globali del parapendio.
Infatti non è la porosità di per se stessa che crea problemi dovuti all’invecchiamento ma bensì i fattori che causano un aumento della porosità e cioè un degrado del velo di resina che riveste il tessuto.
Possiamo allora affermare che la porosità non è una causa di degrado ma un indice dello stesso.
Per chiarire ancor meglio ed una volta per tutte il concetto, basti dire che la presenza di uno strato di resine sul tessuto gli conferisce la necessaria rigidità originale, e la sua stabilità nel flusso d’aria che lo investe.
Con l’utilizzo in immersione nel fluido che scorre a contatto, con i ripetuti ripiegamenti questo strato di resine va pian piano assottigliandosi sino a sparire almeno parzialmente. Se si misura la porosità del tessuto da nuovo si ha una misura di riferimento cui si dovrà badare quando dopo un uso prolungato dell’ala si vorrà valutare la consistenza dello strato resinoso residuo sul tessuto (ai fini di valutare la rigidità del tessuto stesso e la sua attitudine a comportarsi stabilmente nel flusso d’aria in cui è immerso in volo). Il valore di porosità riscontrato sarà quindi a questo punto solo un indicatore di quanto rimane delle caratteristiche conferite al tessuto dallo strato resinoso iniziale. Il fatto che la porosità sia aumentata di per sé non dovrebbe alterare, se non in minima ed impercettibile parte le caratteristiche di comportamento dell’ala. Ovviamente quanto detto è valido se riferito ad ali di concezione moderna per le quali le caratteristiche di volo dipendono principalmente da dati progettuali. Infatti oggigiorno se si vuole veramente valutare un eventuale degrado delle prestazioni e del comportamento di un parapendio è indispensabile non fare solo riferimento all’aumento di porosità del tessuto (che ripetiamo è solo un indice di erosione dello strato di resina ricoprente il tessuto stesso) ma affidarsi a personale esperto e qualificato che sia in grado di provare in volo che il comportamento dell’ala è ancora conforme a quello del prototipo omologato e che quindi l’ala ha mantenuto nel tempo e con l’uso le sue caratteristiche di sicurezza passiva. Le verifiche di natura geometrica hanno si la loro importanza, ma non sono esaustive dal momento che non è possibile misurare e valutare le variazioni di spessore e di forma in volo del profilo dovuto a cedevolezza del tessuto, così come è impossibile misurare la variazione di spessore del tessuto stesso punto per punto della superficie e trarne le conseguenti considerazioni attinenti le performances dell’ala.
4.3 I cordini
Al fine di ottenere il corretto profilo in volo di un parapendio e di mantenerne il corretto angolo di calettamento delle varie sezioni il progettista sceglie cordini resistenti le cui caratteristiche di solidità siano stabili nel tempo. Questo perché se una rottura di un cordino è cosa da scongiurare un suo allungamento o accorciamento nel tempo è difficile da percepirsi da parte del pilota medio pur presentando altrettanta, se non maggiore pericolosità. In passato gli studi effettuati sugli incidenti e sui materiali hanno portato a scoprire che era l’accorciamento dovuto al tempo ed alle condizioni ambientali del cordini posteriori (C e D), non sufficientemente caricati in volo, che causava un aumento dell’angolo di calettamento, (angolo di assetto in volo stabilizzato senza penzolamenti a cabrare o picchiare) con conseguente pericolo di entrata in paracadutale o addirittura in vite piatta negativa ed altro. Oggi si verifica invece più frequentemente che la variazione in aumento dell’angolo di calettamento delle sezioni più caricate dell’ala è dovuta ad uno stiramento dei cordini centrali A e B che sopravviene semmai in contemporanea con un accorciamento poco significativo dei cordini delle file C e D. Un cordino è composto di una moltitudine di fibre microscopiche, tra loro intrecciate o meno, quindi rivestite di una guaina esterna intrecciata a sua volta. I materiali di cui sono costituite le guaine sono di diversa natura e oggi sappiamo che alcuni di essi hanno la tendenza ad accorciarsi in presenza di umidità. Per entrare simultaneamente in tensione fibre interne e guaina devono essere assemblate con tecniche particolari oppure addirittura intrecciate tra loro formando praticamente un tutt’uno. Questo particolare della produzione dei cordini risulta di importanza eccezionale ai fini del raggiungimento di un alto livello qualitativo. Un esempio: se si dispone di una fibra che ha la resistenza pari ad 1 kg., utilizzandone 100 si potrebbe pensare di ottenere una resistenza pari a 100 kg.; applicando un carico anche di soli 20 kg se non disponiamo di almeno 20 fibre capaci di andare in tensione contemporaneamente ci troveremo con una struttura caricata oltre il suo limite sulle fibre in tensione. Se infatti si suppone che le fibre vadano in tensione ad una ad una ciascuna di esse, non potendo sopportare carichi superiori al kg si romperà lasciando spazio alla successiva che anch’essa andando sotto carico si romperà a sua volta e così via sino alla completa rottura dell’insieme di fibre disponibili e cioè del cordino da esse costituito. Per quale motivo nella realtà ciò non avviene? Proprio perché i cordini sono strutturati in modo che le fibre vadano in tensione in contemporanea ma anche e soprattutto perché i progettisti, onde mettersi al riparo da simili eventualità, si servono di materiale decisamente surdimensionato, capace come sappiamo di sopportare carichi pari a quello massimo stabilito in sede progettuale moltiplicato per un fattore di carico pari ad 8 (i test si effettuano applicando a tutta la struttura del parapendio un fattore di carico pari ad 8G). In questo modo in volo mediamente ogni cordino dovrà sopportare carichi che difficilmente superano la metà del carico massimo sopportabile. Si ricorda al proposito che i carichi cui viene sottoposto il fascio funicolare e la struttura alare sono limitati anche dal fatto che ad accelerazioni continue pari a 4G positivi si verificano nel fisico del pilota fenomeni di deflusso sanguigno verso gli arti inferiori con possibilità di innesco di fenomeni di "visione grigia" e perdita di coscienza. Questo funziona come "limitatore fisiologico di carico" anche per la struttura del parapendio.
4.4 Un breve ma interessante stralcio di vita vissuta
Un cordino che è sottoposto ad un carico di 8 kg è sicuramente in grado da nuovo di resistere per quello che si è detto ad un carico di 8x8=64 kg. Ciononostante l’anima in fibra del cordino stesso col tempo si degrada sia per le continue sollecitazioni subite sia per le situazioni ambientali in cui viene utilizzato (ripiegamenti ad angoli acuti, umidità alternata a forte calore, raggi ultravioletti, variazioni continue di carico, raggiungimento in transienti di tempo brevissimi di elevati valori di carico con successivi repentini allascamenti, ecc). Così un bel giorno un pilota decide di simulare una chiusura frontale dell’ala, si porta in quota o sull’acqua ed afferra portandole bruscamente verso il basso le bretelle anteriori, ma ……… inizia la manovra senza ricordare che essa deve essere effettuata abbandonando le maniglie dei freni (come di fatto è previsto nel capitolato della manovra per il test in volo di tale configurazione). L’ala reagisce con un vistosissimo basculamento all’indietro (i freni sono scesi insieme alle bretelle!!!) ed al rilascio del tutto si verifica un abbattimento in avanti del parapendio al di sotto del piano orizzontale. Il pilota fortunatamente non finisce nella velatura, ma cade in libera per tutta la lunghezza dei cordini che non entrano in tensione tutti assieme per una naturale dissimmetria verificatasi durante la manovra stessa. Accade quanto abbiamo descritto poteva accadere alle fibre singole che non andavano contemporaneamente in tensione. Al primo cordino o cordini che vanno in tensione viene applicato un carico che si potrebbe considerare nei limiti se si trattasse di un parapendio nuovo, ma che, per il degrado di cui sopra, pur avendo margini di sicurezza di assoluto rispetto per un normale uso, risulta di fatto eccedente in questa particolare situazione il massimo sopportabile. I cordini si spezzano in cascata man mano che vanno in tensione e si ha una separazione della velatura dal pilota che si salva mettendo per fortuna prontamente mano al paracadute di soccorso. Morale:
4.5 Misurare per capire
I tecnici della FFVL (Federazione francese di volo Libero) hanno preso in considerazione la possibilità di applicare dei sensori di carico su ciascuna fila di cordini in corrispondenza del punto di attacco agli stessi delle bretelle A, B, C, D ed in corrispondenza dei freni.
Ciò ha permesso di confermare con dati precisi ciò che si poteva arguire da considerazioni puramente teoriche. Le valutazioni dei carichi applicati ad una seminala e fila per fila di cordini sono state effettuate in una manovra di virata di 360° durante una spirale con tasso di caduta di 16 m/sec. Poi sono state ripetute in una manovra acrobatica del tipo "360° su piano inclinato". Ovviamente si sapeva che il carico applicato ad ogni ordine di cordini e la sua distribuzione dipendono da moltissimi fattori quali ovviamente il numero degli stessi, la lunghezza del fascio funicolare, la superficie proiettata dell’ala e da molti altri fattori che qui non è importante elencare. Essendo stati i sensori applicati su una sola semiala, hanno rilevato i carichi relativi che si sono dimostrati imprevedibilmente più alti di quanto ci si potesse attendere, particolarmente sui cordini A e B, ma anche sui C e D, con una pericolosa fluttuazione nel tempo breve degli stessi carichi durante la seconda manovra, che quindi, dal punto di vista delle sollecitazioni strutturali dannose, si è rivelata più penalizzante. Come riportato su appositi grafici, nella prima manovra dall’innesco della virata al termine del primo 360, il carico su una sola seminala è passato da 58,72 daN a ben 255,39 daN con una ripartizione finale di oltre 80 daN sui cordini A, 70 daN circa sui cordini B, 49 daN sui C e sui D e poco più di 10 daN sui freni. Mentre, nella seconda manovra, il carico sulla semiala è passato da valori di circa 130 daN al valore di soli 50 daN, per poi registrare un’impennata sino al valore di 185 daN ed un calo rapido a valori di 50 daN; il tutto ovviamente principalmente ripartito sui cordini anteriori rispetto ai posteriori. Dunque occhio ai materiali la cui cura minuziosa e puntuale quotidiana, il cui utilizzo razionale, la cui conservazione accurata in ambiente adatto, risulta essere il miglior investimento che un pilota possa fare per garantire che l’impegno economico sostenuto all’acquisto si valorizzi e non si degradi pericolosamente in tempi anche imprevedibilmente brevi. Con grave compromissione della sicurezza di chi vola, tanto più grave in quanto concretizzabile a sua insaputa e nel momento più inatteso. |